Fatta eccezione per il breve intermezzo dei tredici mesi austro-russi, gli anni che vanno dal 1796 al 1814 furono gli unici, per l'età moderna e contemporanea, nei quali Milano fu capitale politica di un Regno fondato per la prima volta su basi nazionali. Si trattò di una stagione decisiva per la città, che in quegli anni divenne un punto di riferimento per l'intera penisola. Nel 1814 le vicende internazionali e un colpo di mano misero fine al suo ruolo di capitale politica, ma l'eredità napoleonica rimase vitale anche nell'età successiva, consentendo a Milano di rimanere un importante laboratorio di modernità istituzionale e culturale per il Paese. I saggi qui raccolti evidenziano numerosi aspetti inediti di un'epoca fondamentale per la storia di tutto il Risorgimento che, per molti versi, attende ancora un significativo bilancio storiografico. Il contributo propone un confronto tra aristocrazia di antico regime e nuove elites di governo di età napoleonica nell’ambito del collezionismo, mecenatismo artistico e promozione culturale nella Milano napoleonica. Esemplificativi furono i casi del conte Francesco Melzi e di Giuseppe Sommariva. Il saggio ne mette in luce le diverse posizioni: il ruolo ‘pubblico’ del primo a favore della conservazione del patrimonio delle residenze arciducali, nonché il suo rapporto privilegiato con Giuseppe Bossi e il sostegno agli studi sul Cenacolo. L’interesse per la scultura di Canova e Thorwaldsen e soprattutto la quadreria di pittori contemporanei, per lo più francesi, allestita dal secondo. Le due ville sul lago di Como, rispettivamente a Bellagio e Tramezzo, rimodellate da Melzi e Sommariva rappresentarono un’ulteriore esemplificazione di questa dialettica e delle due differenti posizioni.

Mecenatismo e collezionismo a Milano tra antico patriziato e nuova nobiltà: affinità e divergenze

Laura Facchin
2019-01-01

Abstract

Fatta eccezione per il breve intermezzo dei tredici mesi austro-russi, gli anni che vanno dal 1796 al 1814 furono gli unici, per l'età moderna e contemporanea, nei quali Milano fu capitale politica di un Regno fondato per la prima volta su basi nazionali. Si trattò di una stagione decisiva per la città, che in quegli anni divenne un punto di riferimento per l'intera penisola. Nel 1814 le vicende internazionali e un colpo di mano misero fine al suo ruolo di capitale politica, ma l'eredità napoleonica rimase vitale anche nell'età successiva, consentendo a Milano di rimanere un importante laboratorio di modernità istituzionale e culturale per il Paese. I saggi qui raccolti evidenziano numerosi aspetti inediti di un'epoca fondamentale per la storia di tutto il Risorgimento che, per molti versi, attende ancora un significativo bilancio storiografico. Il contributo propone un confronto tra aristocrazia di antico regime e nuove elites di governo di età napoleonica nell’ambito del collezionismo, mecenatismo artistico e promozione culturale nella Milano napoleonica. Esemplificativi furono i casi del conte Francesco Melzi e di Giuseppe Sommariva. Il saggio ne mette in luce le diverse posizioni: il ruolo ‘pubblico’ del primo a favore della conservazione del patrimonio delle residenze arciducali, nonché il suo rapporto privilegiato con Giuseppe Bossi e il sostegno agli studi sul Cenacolo. L’interesse per la scultura di Canova e Thorwaldsen e soprattutto la quadreria di pittori contemporanei, per lo più francesi, allestita dal secondo. Le due ville sul lago di Como, rispettivamente a Bellagio e Tramezzo, rimodellate da Melzi e Sommariva rappresentarono un’ulteriore esemplificazione di questa dialettica e delle due differenti posizioni.
2019
FrancoAngeli
9788891778000
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