Lo studio si colloca nell’ambito di una ricerca cofinanziata e diretta da Gigliola di Renzo Villata sulle allegazioni della biblioteca dell’avvocato Giovanni Margarita custodite presso il Dipartimento di Diritto privato e Storia del diritto dell’Università degli Studi di Milano. L’attenzione è rivolta alle cause successorie del periodo a cavaliere dei secc. XVIII e XIX miranti a far dichiarare nulle le disposizioni di ultima volontà ritenute lesive di diritti legittimi. L’analisi della prassi forense lombarda di antico regime, da un lato, e di quella posteriore alla codificazione, dall’altro, ha consentito un confronto tra tecniche interpretative e applicative. Si osserva che i metodi tradizionali, basati sul complesso sistema di fonti concorrenti e sulla sovrabbondanza di citazioni, non vengono del tutto abbandonati dopo l’entrata in vigore del codice Napoleone; nonostante la drastica abrogazione di tutte le norme preesistenti, la rilevanza delle categorie e dei principi romanistici e della loro elaborazione dottrinale e giurisprudenziale non cessa: accanto agli articoli di recente emanazione, continuano a comparire passi della compilazione giustinianea, opinioni di giuristi e indirizzi giurisprudenziali di corti ormai scomparse. Non di rado, anche per testamenti successivi al 1806, si avverte l’esigenza di impostare le memorie difensive su un duplice binario: ad un ragionamento interamente svolto sul diritto comune se ne fa seguire un altro basato sulla nuova legislazione, quasi a voler rafforzare i propri assunti dimostrandone la piena fondatezza in entrambi i regimi. Se, per un verso, era impresa ardua, per gli operatori del foro, liberarsi dai principi e dai modelli di ragionamento derivanti da una tradizione secolare, nella quale la complessità del sistema consentiva un ampio ventaglio di interpretazioni, per altro verso, anche la ricerca di soluzioni ai problemi inediti creati dalle nuove norme poteva percorrere vie differenti e condurre a conclusioni opposte. La chiarezza e concisione del dettato di tali norme non riuscivano ad impedire il sorgere di questioni e dubbi, evidenziando tutta la difficoltà di raggiungere quel fine della certezza del diritto che gli illuministi avevano fortemente propugnato e che i legislatori d’oltralpe avevano tenacemente perseguito.

Testamenti nulli ed eredità contese nella prassi forense lombarda tra ancien régime e codificazione

DANUSSO, CRISTINA
2006-01-01

Abstract

Lo studio si colloca nell’ambito di una ricerca cofinanziata e diretta da Gigliola di Renzo Villata sulle allegazioni della biblioteca dell’avvocato Giovanni Margarita custodite presso il Dipartimento di Diritto privato e Storia del diritto dell’Università degli Studi di Milano. L’attenzione è rivolta alle cause successorie del periodo a cavaliere dei secc. XVIII e XIX miranti a far dichiarare nulle le disposizioni di ultima volontà ritenute lesive di diritti legittimi. L’analisi della prassi forense lombarda di antico regime, da un lato, e di quella posteriore alla codificazione, dall’altro, ha consentito un confronto tra tecniche interpretative e applicative. Si osserva che i metodi tradizionali, basati sul complesso sistema di fonti concorrenti e sulla sovrabbondanza di citazioni, non vengono del tutto abbandonati dopo l’entrata in vigore del codice Napoleone; nonostante la drastica abrogazione di tutte le norme preesistenti, la rilevanza delle categorie e dei principi romanistici e della loro elaborazione dottrinale e giurisprudenziale non cessa: accanto agli articoli di recente emanazione, continuano a comparire passi della compilazione giustinianea, opinioni di giuristi e indirizzi giurisprudenziali di corti ormai scomparse. Non di rado, anche per testamenti successivi al 1806, si avverte l’esigenza di impostare le memorie difensive su un duplice binario: ad un ragionamento interamente svolto sul diritto comune se ne fa seguire un altro basato sulla nuova legislazione, quasi a voler rafforzare i propri assunti dimostrandone la piena fondatezza in entrambi i regimi. Se, per un verso, era impresa ardua, per gli operatori del foro, liberarsi dai principi e dai modelli di ragionamento derivanti da una tradizione secolare, nella quale la complessità del sistema consentiva un ampio ventaglio di interpretazioni, per altro verso, anche la ricerca di soluzioni ai problemi inediti creati dalle nuove norme poteva percorrere vie differenti e condurre a conclusioni opposte. La chiarezza e concisione del dettato di tali norme non riuscivano ad impedire il sorgere di questioni e dubbi, evidenziando tutta la difficoltà di raggiungere quel fine della certezza del diritto che gli illuministi avevano fortemente propugnato e che i legislatori d’oltralpe avevano tenacemente perseguito.
2006
dott. A. Giuffrè
9788814133701
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