Nel 1992 a Rio de Janeiro fu siglata la “United Nations Framework Convention on Climate Change” (UNFCCC), il cui obiettivo consiste nella stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra a livelli non dannosi. Nel 1997 fu firmato il Protocollo di Kyoto, un accordo internazionale che prevede la riduzione, nel quadriennio 2008-2012 (il Protocollo è diventato operativo nel 2005), delle emissioni totali di gas serra di almeno il 5% rispetto ai valori registrati nel 1990. I gas contemplati nel Protocollo sono sei (anidride carbonica, metano, protossido d’azoto, l’esafloruro di zolfo, i fluorocarburi idrati ed i perfluorocarburi). Il Protocollo si basa sul principio di “responsabilità comuni ma differenziate”: per ciascun Paese aderente è stata fissata una percentuale di riduzione proporzionale alle sue emissioni (6.5% per l’Italia). Fra gli strumenti indicati per perseguire gli obiettivi del Protocollo sono previsti meccanismi quali l’Emission trading (un Paese che riduce le emissioni in misura maggiore rispetto al target imposto può vendere tale surplus ad altri Paesi), la Joint implementation (un Paese può ottenere crediti di emissione grazie a progetti che comportino una riduzione delle emissioni di gas serra in un altro Paese) ed il Clean development mechanism (un Paese può ottenere crediti di emissione attraverso la realizzazione di progetti “puliti” in Paesi in via di sviluppo). Tra le iniziative presenti in ambito nazionale, un ruolo importante viene attribuito alle attività agroforestali. Infatti secondo l’art. 3.3 del Protocollo, “le variazioni nette di gas ad effetto serra, relative ad emissioni da fonti e da pozzi di assorbimento (sinks) risultanti da attività umane direttamente legate alla variazione nella destinazione d’uso dei terreni e delle foreste, [ ... ] saranno utilizzate dalle Parti per adempiere agli impegni assunti nel presente articolo”. Ne deriva quindi l’importanza di una stima del credito di emissione che potrebbe derivare dall’assetto della vegetazione in Lombardia e più specificamente, nel Sistema Regionale delle aree protette. Nel presente studio si è quindi stimato il carbonio organico contenuto all’interno della biomassa vegetale e nei suoli lombardi. A livello ecologico il contributo della vegetazione spontanea al sequestro del carbonio appare infatti come una risorsa fondamentale a cui rivolgersi nell’ottica di uno sviluppo compatibile che tenda a conservare o migliorare i cicli biogeochimici, controllando così anche i livelli atmosferici dei gas-serra. Poiché il carbonio non è staticamente sequestrato nei vari comparti ecosistemici, sono stati anche stimati i flussi annuali di anidride carbonica tra atmosfera ed ecosistemi terrestri, valutando anche in questo caso il contributo delle aree protette. È stato inoltre valutato lo scostamento tra la situazione reale e quella potenziale, al fine di comprendere i margini di miglioramento che possono ancora essere attuati nel sequestro dell’anidride carbonica tramite variazioni dell’utilizzo del suolo e quindi l’insediamento delle vegetazioni potenziali, ossia delle vegetazioni che sarebbero presenti in una data area indipendentemente dalle condizioni edafiche e dalla presenza di perturbazioni antropogene. Occorre infine sottolineare che una valutazione obiettiva e scientificamente valida del contributo della vegetazione spontanea al sequestro di carbonio deve essere condotta anche nel rispetto e nel recepimento delle precedenti direttive comunitarie in campo ambientale (Convenzione per la Diversità Biologica, Direttiva habitat, Rete 2000 ecc.). Sono stati perciò valutati sinteticamente sia la capacità complessiva di sequestro di carbonio sia il valore naturalistico delle vegetazioni attuali, ovvero l’idoneità nel rispondere congiuntamente a requisiti espressi rispettivamente dal Protocollo di Kyoto e dalla Conferenza di Rio de Janeiro.
Valutazione del contributo del Sistema delle Aree Protette della Lombardia all’abbattimento di gas-serra (protocollo di kyoto)
CERABOLINI, BRUNO ENRICO LEONE;BRUSA, GUIDO;PIERCE, SIMON;
2006-01-01
Abstract
Nel 1992 a Rio de Janeiro fu siglata la “United Nations Framework Convention on Climate Change” (UNFCCC), il cui obiettivo consiste nella stabilizzazione delle concentrazioni dei gas serra a livelli non dannosi. Nel 1997 fu firmato il Protocollo di Kyoto, un accordo internazionale che prevede la riduzione, nel quadriennio 2008-2012 (il Protocollo è diventato operativo nel 2005), delle emissioni totali di gas serra di almeno il 5% rispetto ai valori registrati nel 1990. I gas contemplati nel Protocollo sono sei (anidride carbonica, metano, protossido d’azoto, l’esafloruro di zolfo, i fluorocarburi idrati ed i perfluorocarburi). Il Protocollo si basa sul principio di “responsabilità comuni ma differenziate”: per ciascun Paese aderente è stata fissata una percentuale di riduzione proporzionale alle sue emissioni (6.5% per l’Italia). Fra gli strumenti indicati per perseguire gli obiettivi del Protocollo sono previsti meccanismi quali l’Emission trading (un Paese che riduce le emissioni in misura maggiore rispetto al target imposto può vendere tale surplus ad altri Paesi), la Joint implementation (un Paese può ottenere crediti di emissione grazie a progetti che comportino una riduzione delle emissioni di gas serra in un altro Paese) ed il Clean development mechanism (un Paese può ottenere crediti di emissione attraverso la realizzazione di progetti “puliti” in Paesi in via di sviluppo). Tra le iniziative presenti in ambito nazionale, un ruolo importante viene attribuito alle attività agroforestali. Infatti secondo l’art. 3.3 del Protocollo, “le variazioni nette di gas ad effetto serra, relative ad emissioni da fonti e da pozzi di assorbimento (sinks) risultanti da attività umane direttamente legate alla variazione nella destinazione d’uso dei terreni e delle foreste, [ ... ] saranno utilizzate dalle Parti per adempiere agli impegni assunti nel presente articolo”. Ne deriva quindi l’importanza di una stima del credito di emissione che potrebbe derivare dall’assetto della vegetazione in Lombardia e più specificamente, nel Sistema Regionale delle aree protette. Nel presente studio si è quindi stimato il carbonio organico contenuto all’interno della biomassa vegetale e nei suoli lombardi. A livello ecologico il contributo della vegetazione spontanea al sequestro del carbonio appare infatti come una risorsa fondamentale a cui rivolgersi nell’ottica di uno sviluppo compatibile che tenda a conservare o migliorare i cicli biogeochimici, controllando così anche i livelli atmosferici dei gas-serra. Poiché il carbonio non è staticamente sequestrato nei vari comparti ecosistemici, sono stati anche stimati i flussi annuali di anidride carbonica tra atmosfera ed ecosistemi terrestri, valutando anche in questo caso il contributo delle aree protette. È stato inoltre valutato lo scostamento tra la situazione reale e quella potenziale, al fine di comprendere i margini di miglioramento che possono ancora essere attuati nel sequestro dell’anidride carbonica tramite variazioni dell’utilizzo del suolo e quindi l’insediamento delle vegetazioni potenziali, ossia delle vegetazioni che sarebbero presenti in una data area indipendentemente dalle condizioni edafiche e dalla presenza di perturbazioni antropogene. Occorre infine sottolineare che una valutazione obiettiva e scientificamente valida del contributo della vegetazione spontanea al sequestro di carbonio deve essere condotta anche nel rispetto e nel recepimento delle precedenti direttive comunitarie in campo ambientale (Convenzione per la Diversità Biologica, Direttiva habitat, Rete 2000 ecc.). Sono stati perciò valutati sinteticamente sia la capacità complessiva di sequestro di carbonio sia il valore naturalistico delle vegetazioni attuali, ovvero l’idoneità nel rispondere congiuntamente a requisiti espressi rispettivamente dal Protocollo di Kyoto e dalla Conferenza di Rio de Janeiro.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.