La persecuzione degli ebrei in Italia tra il 1938 ed il 1943 è perpetrata, oltre che dalle ben note leggi antiebraiche, anche attraverso lo strumento amministrativo. Una serie di provvedimenti amministrativi, circolari ministeriali, revoche di licenze, licenziamenti, etc., via via limitano la vita professionale ed affettiva degli ebrei italiani e intaccano pesantemente i loro patrimoni. Tali provvedimenti extra legem se da un lato denunciano l’arbitrarietà dell’azione persecutoria, dall’altro sono una spia significativa dei cambiamenti che percorrono l’ordinamento e la dottrina italiana in età fascista. Da un lato il sistema giuridico è investito da riforme e prassi che conducono verso un’alterazione ed un rimescolamento dei tre poteri costituzionali. Dall’altro una parte della scienza giuridica italiana si mostra sempre più negli anni Trenta indifferente, se non contraria, alle categorie giuridiche ereditate dalla cultura liberale. Percorsa piuttosto da tensioni antiformalistiche, si rende disponibile ad accettare come fonti del diritto le diverse manifestazioni del potere politico e amministrativo, quali sono appunto le circolari. Mussolini dal canto suo attua un governo con la burocrazia che cambia gli equilibri di potere tra politica e amministrazione, arrivando persino ad immaginare di esautorare la prima a tutto vantaggio della seconda. La vicenda della persecuzione ebraica per via amministrativa si inserisce quindi in un contesto caratterizzato da molteplici trasformazioni (politiche, costituzionali, culturali, etc.), ove si incontrano concezione autoritaria dello Stato e del diritto, volontà di superamento del tradizionale assetto statale e disponibilità ad usare con inedita libertà vecchi e nuovi strumenti di potere.
Le circolari antiebraiche nella prassi e nello sviluppo della concezione fascista dello Stato
D'AMICO, ELISABETTA
2011-01-01
Abstract
La persecuzione degli ebrei in Italia tra il 1938 ed il 1943 è perpetrata, oltre che dalle ben note leggi antiebraiche, anche attraverso lo strumento amministrativo. Una serie di provvedimenti amministrativi, circolari ministeriali, revoche di licenze, licenziamenti, etc., via via limitano la vita professionale ed affettiva degli ebrei italiani e intaccano pesantemente i loro patrimoni. Tali provvedimenti extra legem se da un lato denunciano l’arbitrarietà dell’azione persecutoria, dall’altro sono una spia significativa dei cambiamenti che percorrono l’ordinamento e la dottrina italiana in età fascista. Da un lato il sistema giuridico è investito da riforme e prassi che conducono verso un’alterazione ed un rimescolamento dei tre poteri costituzionali. Dall’altro una parte della scienza giuridica italiana si mostra sempre più negli anni Trenta indifferente, se non contraria, alle categorie giuridiche ereditate dalla cultura liberale. Percorsa piuttosto da tensioni antiformalistiche, si rende disponibile ad accettare come fonti del diritto le diverse manifestazioni del potere politico e amministrativo, quali sono appunto le circolari. Mussolini dal canto suo attua un governo con la burocrazia che cambia gli equilibri di potere tra politica e amministrazione, arrivando persino ad immaginare di esautorare la prima a tutto vantaggio della seconda. La vicenda della persecuzione ebraica per via amministrativa si inserisce quindi in un contesto caratterizzato da molteplici trasformazioni (politiche, costituzionali, culturali, etc.), ove si incontrano concezione autoritaria dello Stato e del diritto, volontà di superamento del tradizionale assetto statale e disponibilità ad usare con inedita libertà vecchi e nuovi strumenti di potere.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.