I due regolamenti del 1924 e del 1928, così come sono stati fino ad oggi interpretati, nel senso che imporrebbero l’esposizione del Crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche elementari e medie, non hanno alcun fondamento legislativo né costituzionale, perché lo Stato italiano ha successivamente mutato la propria forma da “confessionale” a “non-confessionale”. Questo cambiamento è avvenuto non solo in seguito alla entrata in vigore della Costituzione repubblicana, ma anche in seguito alla stipulazione degli Accordi del 1984 tra lo Stato italiano e la Santa Sede, che hanno sostituito il Concordato del 1929, prevedendo l’abbandono del principio della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano. Inoltre, ad una regolamentazione che imponga l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche osta non solo il principio del pluralismo confessionale, sancito dagli artt. 3, 8, comma 1, e 19 Cost., perché il Crocifisso è un simbolo religioso, ma anche – qualora si ritenesse il Crocifisso “solo” un simbolo culturale-identitario – il principio del pluralismo culturale, scolpito nell’art. 33 Cost. Dunque, la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 3 novembre 2009 (caso Lautsi contro Italia), nel ritenere che l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche concreti una violazione della libertà di coscienza e di religione (art. 9 C.e.d.u.) e del diritto ad una istruzione che non interferisca con il diritto dei genitori ad educare i figli secondo le proprie convinzioni religiose e filosofiche (art. 2 del Protocollo addizionale alla C.e.d.u.), è conforme, altresì, non solo al diritto costituzionale italiano, per i motivi che si sono già detti, ma anche agli Accordi del 1984, che riconoscono [art. 9, n. 2, seconda proposizione Accordi del 1984 e art. 5, lett. a) del Protocollo addizionale agli Accordi del 1984] l’inviolabilità, rispettivamente, «della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori» e della « libertà di coscienza degli alunni». Ma vi è, tuttavia, un diverso modo di interpretare queste due disposizioni regolamentari, in modo tale che esse siano conformi tanto alla Costituzione italiana e agli Accordi del 1984, quanto alla C.e.d.u. e al suo Protocollo addizionale. Infatti, queste due disposizioni, nel trattare il Crocifisso come un «arredamento», nulla dicono sul quando e sul dove, all’interno dell’aula scolastica, esso vada collocato. Sicché, può dirsi che le due citate disposizioni regolamentari prevedono il Crocifisso nella dotazione delle scuole pubbliche non universitarie, perché possa essere esposto “solo” durante l’ora facoltativa di religione che, secondo il Protocollo addizionale (art. 5, lett. a) agli Accordi del 1984, è impartita «in conformità della dottrina della Chiesa»; e, nella dottrina della Chiesa cattolica, rientra l’esposizione, la venerazione e l’adorazione del Crocifisso. In questo modo, come è evidente, non si pongono più problemi di coscienza, di libertà di religione e di diritto ad educare i propri figli, perché gli alunni presenti avranno previamente esercitato, se del caso attraverso i genitori, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica.
Il Crocifisso nelle aule scolastiche: un paradosso che non resiste all’Europa
D'ELIA, GIUSEPPE
2012-01-01
Abstract
I due regolamenti del 1924 e del 1928, così come sono stati fino ad oggi interpretati, nel senso che imporrebbero l’esposizione del Crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche elementari e medie, non hanno alcun fondamento legislativo né costituzionale, perché lo Stato italiano ha successivamente mutato la propria forma da “confessionale” a “non-confessionale”. Questo cambiamento è avvenuto non solo in seguito alla entrata in vigore della Costituzione repubblicana, ma anche in seguito alla stipulazione degli Accordi del 1984 tra lo Stato italiano e la Santa Sede, che hanno sostituito il Concordato del 1929, prevedendo l’abbandono del principio della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano. Inoltre, ad una regolamentazione che imponga l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche osta non solo il principio del pluralismo confessionale, sancito dagli artt. 3, 8, comma 1, e 19 Cost., perché il Crocifisso è un simbolo religioso, ma anche – qualora si ritenesse il Crocifisso “solo” un simbolo culturale-identitario – il principio del pluralismo culturale, scolpito nell’art. 33 Cost. Dunque, la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 3 novembre 2009 (caso Lautsi contro Italia), nel ritenere che l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche concreti una violazione della libertà di coscienza e di religione (art. 9 C.e.d.u.) e del diritto ad una istruzione che non interferisca con il diritto dei genitori ad educare i figli secondo le proprie convinzioni religiose e filosofiche (art. 2 del Protocollo addizionale alla C.e.d.u.), è conforme, altresì, non solo al diritto costituzionale italiano, per i motivi che si sono già detti, ma anche agli Accordi del 1984, che riconoscono [art. 9, n. 2, seconda proposizione Accordi del 1984 e art. 5, lett. a) del Protocollo addizionale agli Accordi del 1984] l’inviolabilità, rispettivamente, «della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori» e della « libertà di coscienza degli alunni». Ma vi è, tuttavia, un diverso modo di interpretare queste due disposizioni regolamentari, in modo tale che esse siano conformi tanto alla Costituzione italiana e agli Accordi del 1984, quanto alla C.e.d.u. e al suo Protocollo addizionale. Infatti, queste due disposizioni, nel trattare il Crocifisso come un «arredamento», nulla dicono sul quando e sul dove, all’interno dell’aula scolastica, esso vada collocato. Sicché, può dirsi che le due citate disposizioni regolamentari prevedono il Crocifisso nella dotazione delle scuole pubbliche non universitarie, perché possa essere esposto “solo” durante l’ora facoltativa di religione che, secondo il Protocollo addizionale (art. 5, lett. a) agli Accordi del 1984, è impartita «in conformità della dottrina della Chiesa»; e, nella dottrina della Chiesa cattolica, rientra l’esposizione, la venerazione e l’adorazione del Crocifisso. In questo modo, come è evidente, non si pongono più problemi di coscienza, di libertà di religione e di diritto ad educare i propri figli, perché gli alunni presenti avranno previamente esercitato, se del caso attraverso i genitori, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.