La monografia - pubblicata in versione provvisoria – affronta il tema del rapporto tra flessibilità e autonomia contrattuale. Gli schemi organizzativi improntati a logiche di flessibilità sono volti a ricondurre l’utilizzo (quantitativo e qualitativo) della figura paradigmatica di lavoratore subordinato, quella cioè che presuppone un impiego a tempo pieno e indeterminato, a criteri adeguati a contrastare le variabili del mercato. Tale risultato può essere ottenuto rendendo più duttili le modalità di esecuzione del rapporto di lavoro dipendente ovvero riducendone l’estensione a vantaggio di quello autonomo o di contratti commerciali come l’appalto e la somministrazione di manodopera. Di fatto, quindi, il concetto di flessibilità assume una natura tendenzialmente onnicomprensiva, posto che le due varianti di cui si è appena detto coprono un’area talmente ampia di soluzioni, per cui quasi ogni alterazione – indifferentemente di matrice normativa o interpretativa – degli assetti su cui si fonda la disciplina del lavoro e la sua prassi applicativa può essere letta attraverso la prospettiva della accresciuta o ridotta flessibilizzazione dei rapporti di lavoro. Ciò ha indotto a circoscrivere la trattazione ad una porzione soltanto delle questioni implicate nel concetto ed in particolare all’aspetto che più di altri ha connotato il dibattito sulla flessibilità, fin dalla sua emersione a partire dai primi anni ’80, vale a dire la progressiva affermazione di un mercato del lavoro dai contorni sempre più frastagliati rispetto al modello fordista, connotato, invece, da condizioni di lavoro uniformi e tendenzialmente stabili per la maggior parte degli occupati. In particolare, la monografia si sofferma su alcuni degli istituti maggiormente esposti a tensioni interpretative, senza, tuttavia, fornire un’analisi dei profili specifici che ne connotano la disciplina, ma, piuttosto, prendendo spunto dalla loro regolamentazione, onde delineare l’ambito d’azione che l’ordinamento lavoristico riserva all’autonomia contrattuale. Si tratta di una prospettiva volta a verificare se, come da più parti sostenuto, l’attuale panorama legislativo attribuisca alle imprese una libertà di scelta dei fattori produttivi fortemente accresciuta rispetto al recente passato. Il lavoro è diviso in tre capitoli. Il primo riguarda il fenomeno della sostituzione del modello di organizzazione gerarchica dell’impresa, attuato mediante l’impiego di lavoro subordinato, da parte di una variegata gamma di rapporti commerciali, mediante i quali l’impresa affida all’esterno parti della sua attività, liberandosi degli oneri legati alla gestione del fattore lavoro. Rapporti fra loro accomunati sul piano funzionale e, al contempo, collegati da relazioni di ordine sistematico, che compongono il quadro regolativo dell’interposizione di manodopera. Il secondo capitolo è dedicato, invece, al lavoro autonomo sotto forma di collaborazioni coordinate e continuative. Sul punto, l’opzione del legislatore è andata nella direzione di limitare la diffusione di questo tipo di rapporti, spesso utilizzati al solo fine di eludere gli oneri correlati al lavoro dipendente, principalmente imponendo vincoli di carattere formale, nonché funzionalizzando l’esecuzione della prestazione lavorativa alla realizzazione di un progetto o programma di lavoro. Qui l’obiettivo dell’indagine è di verificare se i vincoli posti all’autonomia contrattuale siano realmente in grado di corrispondere allo scopo di contrastare l’uso non corretto delle collaborazioni autonome. Il terzo capitolo è diviso in due sezioni ed è incentrato sulle modalità flessibili di impiego del lavoro subordinato ottenute mediante una scansione dei tempi di lavoro che si discosta dal contratto standard, in ragione della scadenza cui è assoggettato il rapporto (contratto a termine) ovvero in considerazione della fissazione di un orario ridotto (contratto a tempo parziale).

Flessibilità organizzativa e autonomia contrattuale

MORONE, ANDREA
2008-01-01

Abstract

La monografia - pubblicata in versione provvisoria – affronta il tema del rapporto tra flessibilità e autonomia contrattuale. Gli schemi organizzativi improntati a logiche di flessibilità sono volti a ricondurre l’utilizzo (quantitativo e qualitativo) della figura paradigmatica di lavoratore subordinato, quella cioè che presuppone un impiego a tempo pieno e indeterminato, a criteri adeguati a contrastare le variabili del mercato. Tale risultato può essere ottenuto rendendo più duttili le modalità di esecuzione del rapporto di lavoro dipendente ovvero riducendone l’estensione a vantaggio di quello autonomo o di contratti commerciali come l’appalto e la somministrazione di manodopera. Di fatto, quindi, il concetto di flessibilità assume una natura tendenzialmente onnicomprensiva, posto che le due varianti di cui si è appena detto coprono un’area talmente ampia di soluzioni, per cui quasi ogni alterazione – indifferentemente di matrice normativa o interpretativa – degli assetti su cui si fonda la disciplina del lavoro e la sua prassi applicativa può essere letta attraverso la prospettiva della accresciuta o ridotta flessibilizzazione dei rapporti di lavoro. Ciò ha indotto a circoscrivere la trattazione ad una porzione soltanto delle questioni implicate nel concetto ed in particolare all’aspetto che più di altri ha connotato il dibattito sulla flessibilità, fin dalla sua emersione a partire dai primi anni ’80, vale a dire la progressiva affermazione di un mercato del lavoro dai contorni sempre più frastagliati rispetto al modello fordista, connotato, invece, da condizioni di lavoro uniformi e tendenzialmente stabili per la maggior parte degli occupati. In particolare, la monografia si sofferma su alcuni degli istituti maggiormente esposti a tensioni interpretative, senza, tuttavia, fornire un’analisi dei profili specifici che ne connotano la disciplina, ma, piuttosto, prendendo spunto dalla loro regolamentazione, onde delineare l’ambito d’azione che l’ordinamento lavoristico riserva all’autonomia contrattuale. Si tratta di una prospettiva volta a verificare se, come da più parti sostenuto, l’attuale panorama legislativo attribuisca alle imprese una libertà di scelta dei fattori produttivi fortemente accresciuta rispetto al recente passato. Il lavoro è diviso in tre capitoli. Il primo riguarda il fenomeno della sostituzione del modello di organizzazione gerarchica dell’impresa, attuato mediante l’impiego di lavoro subordinato, da parte di una variegata gamma di rapporti commerciali, mediante i quali l’impresa affida all’esterno parti della sua attività, liberandosi degli oneri legati alla gestione del fattore lavoro. Rapporti fra loro accomunati sul piano funzionale e, al contempo, collegati da relazioni di ordine sistematico, che compongono il quadro regolativo dell’interposizione di manodopera. Il secondo capitolo è dedicato, invece, al lavoro autonomo sotto forma di collaborazioni coordinate e continuative. Sul punto, l’opzione del legislatore è andata nella direzione di limitare la diffusione di questo tipo di rapporti, spesso utilizzati al solo fine di eludere gli oneri correlati al lavoro dipendente, principalmente imponendo vincoli di carattere formale, nonché funzionalizzando l’esecuzione della prestazione lavorativa alla realizzazione di un progetto o programma di lavoro. Qui l’obiettivo dell’indagine è di verificare se i vincoli posti all’autonomia contrattuale siano realmente in grado di corrispondere allo scopo di contrastare l’uso non corretto delle collaborazioni autonome. Il terzo capitolo è diviso in due sezioni ed è incentrato sulle modalità flessibili di impiego del lavoro subordinato ottenute mediante una scansione dei tempi di lavoro che si discosta dal contratto standard, in ragione della scadenza cui è assoggettato il rapporto (contratto a termine) ovvero in considerazione della fissazione di un orario ridotto (contratto a tempo parziale).
2008
8814143242
Morone, Andrea
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