Questo saggio è il mio personale contributo agli Atti del Convegno “Sovranità, legittimazione e stato di eccezione” (in onore di M.P. Viviani), da me organizzato a Como, Università degli Studi dell’Insubria, Facoltà di Giurisprudenza, il 5 dicembre 2012. L’analisi verte sulla persistenza della Sovranità statale, nonostante i processi di globalizzazione favoriti dal “capitalismo tecno-nichistica”: quest’ultimo, infatti, sta distruggendo i fondamenti della legittimazione dello Stato-nazione del XIX e XX secolo, e quindi anche l’ideologia ed i meccanismi politici della liberal-democrazia; finisce però per lasciare “nuda” (cioè priva di giustificazione etico-morale) la struttura politico-amministrativa dello Stato. Questo è tornato ad una forma “westfaliana” di puro meccanismo di potere, e quindi è diventato – come il sistema economico che lo affianca e lo influenza – uno Stato puramente tecnicista nel funzionamento, e nichilista nel fine, ossia lo scopo è la mera sopravvivenza del suo esistere materiale. Lo Stato si risolve in un dispositivo fondamentalmente governamentale, al servizio della classe politica e dirigente del Paese (ossia della moschiana minoranza dei governanti), la quale ha però comunque bisogno di una mobilitazione del consenso. Superata la fase liberale dei “programmi”, che possono essere letti, compresi e scelti solo da un preparato cittadino-elettore, la liquefazione culturale e valoriale indotta dal sistema economico suggerisce altre strade. Dato che il “capitalismo tecno-nichilista” tende alla moltiplicazione ed alla diffusione capillare, nella popolazione mondiale, del meccanismo “desiderio-bisogno-mancanza”, lo Stato riconosce tale meccanismo come un diritto del singolo (cioè dell’elettore) e si volge a “sfamare la bestia” (Agamben). La legittimazione si basa dunque ormai su un tipo mediatico e spettacolare di “acclamazione” (nel cui quadro le elezioni prendono sempre più il contenuto di plebisciti); tale ripetuta acclamazione visiva offre un potere (apparente) ad un uomo politico scelto come “capo-megafono”, il quale promette vari oggetti del desiderio. Il dispositivo governamentale, che in pratica agisce indipendentemente dal “leader”, provvede, durante la campagna elettorale permanente del “megafono”, a guidare lo Stato nel senso desiderato dalla succitata minoranza moschiana.

Il tramonto della legittimazione liberal-democratica. La Sovranità tra la liquefazione avanzata della società e la resistenza automatica dei dispositivi governamentali

LA ROSA, GIORGIO
2014-01-01

Abstract

Questo saggio è il mio personale contributo agli Atti del Convegno “Sovranità, legittimazione e stato di eccezione” (in onore di M.P. Viviani), da me organizzato a Como, Università degli Studi dell’Insubria, Facoltà di Giurisprudenza, il 5 dicembre 2012. L’analisi verte sulla persistenza della Sovranità statale, nonostante i processi di globalizzazione favoriti dal “capitalismo tecno-nichistica”: quest’ultimo, infatti, sta distruggendo i fondamenti della legittimazione dello Stato-nazione del XIX e XX secolo, e quindi anche l’ideologia ed i meccanismi politici della liberal-democrazia; finisce però per lasciare “nuda” (cioè priva di giustificazione etico-morale) la struttura politico-amministrativa dello Stato. Questo è tornato ad una forma “westfaliana” di puro meccanismo di potere, e quindi è diventato – come il sistema economico che lo affianca e lo influenza – uno Stato puramente tecnicista nel funzionamento, e nichilista nel fine, ossia lo scopo è la mera sopravvivenza del suo esistere materiale. Lo Stato si risolve in un dispositivo fondamentalmente governamentale, al servizio della classe politica e dirigente del Paese (ossia della moschiana minoranza dei governanti), la quale ha però comunque bisogno di una mobilitazione del consenso. Superata la fase liberale dei “programmi”, che possono essere letti, compresi e scelti solo da un preparato cittadino-elettore, la liquefazione culturale e valoriale indotta dal sistema economico suggerisce altre strade. Dato che il “capitalismo tecno-nichilista” tende alla moltiplicazione ed alla diffusione capillare, nella popolazione mondiale, del meccanismo “desiderio-bisogno-mancanza”, lo Stato riconosce tale meccanismo come un diritto del singolo (cioè dell’elettore) e si volge a “sfamare la bestia” (Agamben). La legittimazione si basa dunque ormai su un tipo mediatico e spettacolare di “acclamazione” (nel cui quadro le elezioni prendono sempre più il contenuto di plebisciti); tale ripetuta acclamazione visiva offre un potere (apparente) ad un uomo politico scelto come “capo-megafono”, il quale promette vari oggetti del desiderio. Il dispositivo governamentale, che in pratica agisce indipendentemente dal “leader”, provvede, durante la campagna elettorale permanente del “megafono”, a guidare lo Stato nel senso desiderato dalla succitata minoranza moschiana.
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