Il ius liberorum, così come è concepito nel diritto classico, ossia come privilegio utile, in particolare, ai fini successori e per la liberazione dalla tutela mulierum, già in principio venne sottoposto a numerose eccezioni (basti pensare che gli stessi Augusto e Livia sarebbero altrimenti incappati nelle incapacità della lex Iulia et Papia); il suo ruolo fu però rinvigorito dal dettato del s.c. Tertullianum, in merito alla successione della madre cognata nei confronti del figlio. Tuttavia, da una parte il progressivo attenuarsi della contrapposizione agnatio-cognatio, dall’altra il diffondersi del cristiano sentire in merito a castità e vedovanza, oltre a una malcelata e secolare avversione da parte della classe dirigente, lo relegarono sempre più a un’utilità per casi particolari, finchè, nel 410 d.C., due costituzioni orientali e, nel 412 d.C., una occidentale, estesero il privilegio del ius liberorum a tutte le donne. Una delle ultime roccaforti del ius liberorum consiste, tuttavia, nella lex decimaria, ossia nel divieto di lasciare al coniuge più di un decimo dell’asse, se i due fossero stati privi di figli comuni, sopravvissuto anche alle riforme costantiniane del 320-1 d.C. (C.Th.5.1.1 e C.Th.8.16.1) che eliminavano le incapacità di caelibes e orbi. La Novella di Valentiniano 21.1 (del 446 d.C.), ripresa dal Breviarium Alaricianum, informa che l’imperatore decise di concedere il ius commune liberorum a tutti i coniugi. Un secolo e mezzo dopo, Isidoro di Siviglia cita l’istituto solamente come forma testamentaria scritta tra coniugi e come tale si ritrova nelle formulae Visigothicae (oltre che nelle Formulae Andecavenses, nelle Marculfi formulae, nelle formulae Turonenses): la trasformazione in Occidente si è completamente compiuta. Si indaga, quindi. in qual modo l’istituto del ius liberorum fosse stato accolto nelle fonti visigotiche e se esso, oltre agli ideali cristiani, fosse anche rispondente alle esigenze gotiche: i dati in nostro possesso inducono a considerare come forte indizio a favore di quest’ultima ipotesi la permanenza del così trsformato ius commune liberorum dal V secolo fino a Medioevo inoltrato.
La trasformazione del ius liberorum in Occidente tra il IV e VI secolo d.C.: profili romanistici e legislazione visigotica
BIAVASCHI, PAOLA
2013-01-01
Abstract
Il ius liberorum, così come è concepito nel diritto classico, ossia come privilegio utile, in particolare, ai fini successori e per la liberazione dalla tutela mulierum, già in principio venne sottoposto a numerose eccezioni (basti pensare che gli stessi Augusto e Livia sarebbero altrimenti incappati nelle incapacità della lex Iulia et Papia); il suo ruolo fu però rinvigorito dal dettato del s.c. Tertullianum, in merito alla successione della madre cognata nei confronti del figlio. Tuttavia, da una parte il progressivo attenuarsi della contrapposizione agnatio-cognatio, dall’altra il diffondersi del cristiano sentire in merito a castità e vedovanza, oltre a una malcelata e secolare avversione da parte della classe dirigente, lo relegarono sempre più a un’utilità per casi particolari, finchè, nel 410 d.C., due costituzioni orientali e, nel 412 d.C., una occidentale, estesero il privilegio del ius liberorum a tutte le donne. Una delle ultime roccaforti del ius liberorum consiste, tuttavia, nella lex decimaria, ossia nel divieto di lasciare al coniuge più di un decimo dell’asse, se i due fossero stati privi di figli comuni, sopravvissuto anche alle riforme costantiniane del 320-1 d.C. (C.Th.5.1.1 e C.Th.8.16.1) che eliminavano le incapacità di caelibes e orbi. La Novella di Valentiniano 21.1 (del 446 d.C.), ripresa dal Breviarium Alaricianum, informa che l’imperatore decise di concedere il ius commune liberorum a tutti i coniugi. Un secolo e mezzo dopo, Isidoro di Siviglia cita l’istituto solamente come forma testamentaria scritta tra coniugi e come tale si ritrova nelle formulae Visigothicae (oltre che nelle Formulae Andecavenses, nelle Marculfi formulae, nelle formulae Turonenses): la trasformazione in Occidente si è completamente compiuta. Si indaga, quindi. in qual modo l’istituto del ius liberorum fosse stato accolto nelle fonti visigotiche e se esso, oltre agli ideali cristiani, fosse anche rispondente alle esigenze gotiche: i dati in nostro possesso inducono a considerare come forte indizio a favore di quest’ultima ipotesi la permanenza del così trsformato ius commune liberorum dal V secolo fino a Medioevo inoltrato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.