Limitata è la storiografia relativa alle vicende architettoniche e artistiche dell’Eremo camaldolese torinese, eretto sulle pendici del monte Veglio (oggi territorio comunale di Pecetto), grazie al sostegno del duca Carlo Emanuele I a partire dal 1601. Il presente contributo analizza questo quasi del tutto perduto complesso sacro da un duplice punto di vista. Innanzitutto, il peso della committenza sabauda e dei cavalieri della SS. Annunziata, essendo divenuto il sito sede della cappella capitolare del massimo ordine dinastico del casato, che determinò nei secoli XVII e XVIII l’invio di preziose opere d’arte - si pensi solamente alla perduta pala di Sebastiano Ricci - e suppellettili sacre, oltre al coinvolgimento di importanti professionisti attivi per la corte nella progettazione dei successivi riassesti architettonici: da Ascanio Vittozzi e Carlo di Castellamonte a Benedetto Alfieri. In secondo luogo, si presenta una prima ricostruzione delle vicende relative alla dispersione del prezioso patrimonio artistico dopo le soppressioni di età napoleonica, parzialmente riemerso nel corso del Novecento in edifici sacri della città di Torino e nelle chiese di Pecetto, e della progressiva dismissione e trasformazione degli spazi dell’Eremo stesso.
L’eremo di Torino-Pecetto: arte e architettura tra committenze di corte e dispersioni
Laura Facchin
2017-01-01
Abstract
Limitata è la storiografia relativa alle vicende architettoniche e artistiche dell’Eremo camaldolese torinese, eretto sulle pendici del monte Veglio (oggi territorio comunale di Pecetto), grazie al sostegno del duca Carlo Emanuele I a partire dal 1601. Il presente contributo analizza questo quasi del tutto perduto complesso sacro da un duplice punto di vista. Innanzitutto, il peso della committenza sabauda e dei cavalieri della SS. Annunziata, essendo divenuto il sito sede della cappella capitolare del massimo ordine dinastico del casato, che determinò nei secoli XVII e XVIII l’invio di preziose opere d’arte - si pensi solamente alla perduta pala di Sebastiano Ricci - e suppellettili sacre, oltre al coinvolgimento di importanti professionisti attivi per la corte nella progettazione dei successivi riassesti architettonici: da Ascanio Vittozzi e Carlo di Castellamonte a Benedetto Alfieri. In secondo luogo, si presenta una prima ricostruzione delle vicende relative alla dispersione del prezioso patrimonio artistico dopo le soppressioni di età napoleonica, parzialmente riemerso nel corso del Novecento in edifici sacri della città di Torino e nelle chiese di Pecetto, e della progressiva dismissione e trasformazione degli spazi dell’Eremo stesso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.