Il mio intervento si incentra sulla questione dei vincoli nella letteratura di Th. Bernhard, uno dei più importanti scrittori della letteratura tedesca della seconda metà del Novecento, e soprattutto esponente di spicco della “Letteratura austriaca”. Preciso questo aspetto perché – così mi pare – la questione del vincolo all’origine costituisce un “marchio di fabbrica” del “made in Austria”. Per vincolo dell’origine intendo da un lato, in generale, il rapporto di “amore-odio” che ha legato Bernhard, ma anche autori a lui vicini (come Bachmann e Handke), all’orizzonte di origine. Fiumi di inchiostro sono stati versati dalla critica (anche eminentissima come quella di Max Sebald) per scandagliare questo aspetto e per collocarlo lungo il solo tardivo della letteratura di finis Austriae. Ma quando di parla di “vincoli dell’origine” in Bernhard s’intende anche - e qui vengo al nocciolo - la trasposizione letteraria di questo Ursprungskomplex nelle perverse dinamiche familiari. Bernhard non è il solo. Per fare un paio di nomi della generazione a lui più prossima, si pensi al rapporto tra madre e figlia nella Pianista della Jelinek, o anche al rapporto tra le due sorelle nel romanzo Legami di Barbara Frischmuth. In Bernhard il tema dei vincoli familiari è centrale: si pensi al rapporto tra fratelli in Amras, Cemento, La fornace, Am Ortler, Correzione, L’apparenza inganna, Prima della pensione, Ritter, Dene Voss, Al limite boschivo, Il soccombente (e l’elenco potrebbe proseguire), ma anche al rapporto con i genitori in Correzione. È però soprattutto nel suo ultimo romanzo, Estinzione. Uno sfacelo, che il motivo del vincolo trova il luogo di maggior approfondimento tematico. Chi vincola è la madre del protagonista, emblema del vincolo di appartenenza, “origine del male e male dell’origine”, che ha impostato la sua esistenza come un teatro per marionette (il marito, il figlio e la figlia) che sapientemente gestisce. Il solo della famiglia “ristretta” ad essere apparentemente sfuggito a questo irretimento è Murau, che seguendo le orme dello zio (lo spirito libero) ha semplicemente voltato le spalle all’origine, scegliendo di abitare nel cosiddetto estero. Ma la malia dell’origine non manca di rientrare dalla finestra dopo essere stata cacciata dalla porta, e lo fa nei termini di un peso che annienta: l’eredità (l’intera proprietà di Wolfsegg) che è toccata in sorte proprio a lui dopo la morte dei genitori e del fratello burattino. Il ritorno a casa per il funerale si delinea lungo il corso del romanzo come un definitivo congedo da casa e da tutto ciò che è ad essa connesso. Congedo da Wolfsegg, ma anche presa di coscienza di una necessaria estinzione del passato di Wolfsegg, e questa estinzione non può che avvenire tramite un “serbare memoria” del male (male dell’origine, male del passato austriaco nazionalsocialista). Come? Scrivendone, anche se questo processo di scrittura di Estinzione, comporta una radicale consunzione del proprio sé. Il processo di sradicamento da Wolfsegg implica non solo concedere Wolfsegg alla comunità israelitica, come dono incondizionato, ma anche strapparsi dalla pelle il marchio dell’origine, fino all’auto-estinzione siglata con la chiusa del romanzo in terza persona “– scrive Murau- (nato nel 1934 a Wolfsegg, morto nel 1983 a Roma)”.
Il vincolo dell'origine nella letteratura austriaca del secondo Novecento
LATINI, MICAELA
2009-01-01
Abstract
Il mio intervento si incentra sulla questione dei vincoli nella letteratura di Th. Bernhard, uno dei più importanti scrittori della letteratura tedesca della seconda metà del Novecento, e soprattutto esponente di spicco della “Letteratura austriaca”. Preciso questo aspetto perché – così mi pare – la questione del vincolo all’origine costituisce un “marchio di fabbrica” del “made in Austria”. Per vincolo dell’origine intendo da un lato, in generale, il rapporto di “amore-odio” che ha legato Bernhard, ma anche autori a lui vicini (come Bachmann e Handke), all’orizzonte di origine. Fiumi di inchiostro sono stati versati dalla critica (anche eminentissima come quella di Max Sebald) per scandagliare questo aspetto e per collocarlo lungo il solo tardivo della letteratura di finis Austriae. Ma quando di parla di “vincoli dell’origine” in Bernhard s’intende anche - e qui vengo al nocciolo - la trasposizione letteraria di questo Ursprungskomplex nelle perverse dinamiche familiari. Bernhard non è il solo. Per fare un paio di nomi della generazione a lui più prossima, si pensi al rapporto tra madre e figlia nella Pianista della Jelinek, o anche al rapporto tra le due sorelle nel romanzo Legami di Barbara Frischmuth. In Bernhard il tema dei vincoli familiari è centrale: si pensi al rapporto tra fratelli in Amras, Cemento, La fornace, Am Ortler, Correzione, L’apparenza inganna, Prima della pensione, Ritter, Dene Voss, Al limite boschivo, Il soccombente (e l’elenco potrebbe proseguire), ma anche al rapporto con i genitori in Correzione. È però soprattutto nel suo ultimo romanzo, Estinzione. Uno sfacelo, che il motivo del vincolo trova il luogo di maggior approfondimento tematico. Chi vincola è la madre del protagonista, emblema del vincolo di appartenenza, “origine del male e male dell’origine”, che ha impostato la sua esistenza come un teatro per marionette (il marito, il figlio e la figlia) che sapientemente gestisce. Il solo della famiglia “ristretta” ad essere apparentemente sfuggito a questo irretimento è Murau, che seguendo le orme dello zio (lo spirito libero) ha semplicemente voltato le spalle all’origine, scegliendo di abitare nel cosiddetto estero. Ma la malia dell’origine non manca di rientrare dalla finestra dopo essere stata cacciata dalla porta, e lo fa nei termini di un peso che annienta: l’eredità (l’intera proprietà di Wolfsegg) che è toccata in sorte proprio a lui dopo la morte dei genitori e del fratello burattino. Il ritorno a casa per il funerale si delinea lungo il corso del romanzo come un definitivo congedo da casa e da tutto ciò che è ad essa connesso. Congedo da Wolfsegg, ma anche presa di coscienza di una necessaria estinzione del passato di Wolfsegg, e questa estinzione non può che avvenire tramite un “serbare memoria” del male (male dell’origine, male del passato austriaco nazionalsocialista). Come? Scrivendone, anche se questo processo di scrittura di Estinzione, comporta una radicale consunzione del proprio sé. Il processo di sradicamento da Wolfsegg implica non solo concedere Wolfsegg alla comunità israelitica, come dono incondizionato, ma anche strapparsi dalla pelle il marchio dell’origine, fino all’auto-estinzione siglata con la chiusa del romanzo in terza persona “– scrive Murau- (nato nel 1934 a Wolfsegg, morto nel 1983 a Roma)”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.