La pandemia da Covid-19 può essere raccontata come lo spartiacque tra l’organizzazione del mondo in base alle concezioni novecentesche e quelle generate dalla rivoluzione digitale. Le digital geographies sono cer-tamente protagoniste di riconfigurazioni territoriali. Scrivono Ash, Kitchin, Leszczynski che «since the early 1990s, there have been a series of stud-ies that have examined how the digital is mediating and augmenting the production of space and transforming socio-spatial relations» (Ash et al., 2018, p. 29).Gli Autori argomentano questa ipotesi a partire dal digital turn, certamente già presente da tempo, così come lo erano le innovazioni tecnologiche. Tuttavia, digitalizzazione e pratiche digitali non erano mai state utilizzate in maniera così massiccia, come è accaduto dal 2020 in poi. Per questo, l’idea che il digital turn nelle pratiche ci sia appena stato non è così peregrina. Stiamo infatti assistendo a quello che potremmo definire un digital practice turn, una rivoluzione nelle prassi oltreché concettuale. Il ricorso così massivo alle tecnologie nella vita quotidiana è accelerato durante un periodo particolare di privazione del movimento nello spazio pubblico come durante i lockdown, mostrando le potenzialità per esempio dello smart working ancora largamente inespresse.In questa cornice, i digital media sono stati il centro di controllo attra-verso cui i dati relativi alla (im)produttività si accumulano per poi essere trasferiti, analizzati, immagazzinati e riutilizzati a piacimento. Il ricorso così massivo alle pratiche quotidiane digitalizzate ha condotto ad un au-mento inedito di quelle che Klauser (2017) ha già identificato come auto-mated, software-driven data analytics.
Capitalismo di sorveglianza e geografie digitali. Riflessioni critiche sui luoghi della contemporaneità
Valentina Albanese
2022-01-01
Abstract
La pandemia da Covid-19 può essere raccontata come lo spartiacque tra l’organizzazione del mondo in base alle concezioni novecentesche e quelle generate dalla rivoluzione digitale. Le digital geographies sono cer-tamente protagoniste di riconfigurazioni territoriali. Scrivono Ash, Kitchin, Leszczynski che «since the early 1990s, there have been a series of stud-ies that have examined how the digital is mediating and augmenting the production of space and transforming socio-spatial relations» (Ash et al., 2018, p. 29).Gli Autori argomentano questa ipotesi a partire dal digital turn, certamente già presente da tempo, così come lo erano le innovazioni tecnologiche. Tuttavia, digitalizzazione e pratiche digitali non erano mai state utilizzate in maniera così massiccia, come è accaduto dal 2020 in poi. Per questo, l’idea che il digital turn nelle pratiche ci sia appena stato non è così peregrina. Stiamo infatti assistendo a quello che potremmo definire un digital practice turn, una rivoluzione nelle prassi oltreché concettuale. Il ricorso così massivo alle tecnologie nella vita quotidiana è accelerato durante un periodo particolare di privazione del movimento nello spazio pubblico come durante i lockdown, mostrando le potenzialità per esempio dello smart working ancora largamente inespresse.In questa cornice, i digital media sono stati il centro di controllo attra-verso cui i dati relativi alla (im)produttività si accumulano per poi essere trasferiti, analizzati, immagazzinati e riutilizzati a piacimento. Il ricorso così massivo alle pratiche quotidiane digitalizzate ha condotto ad un au-mento inedito di quelle che Klauser (2017) ha già identificato come auto-mated, software-driven data analytics.File | Dimensione | Formato | |
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