Catalogo della mostra (Varese, Rettorato dell'Università degli Studi dell'Insubria, 15 maggio-28 agosto 2023) inserita nel calendario degli eventi organizzati per i 25 anni dell’Ateneo (1998-2023). Protagonista è il pugliese di nascita, ma varesino d’adozione, Antonio Pizzolante, del quale è sondata l’ultima fase della ricerca, di natura installativa, caratterizzata da un dialogo serrato con lo spazio architettonico. Nelle opere, che sintetizzano e accorpano pittura e scultura, spicca l’indagine sull’antropologia dei materiali antichi (legno, ferro, pietra, carta), connessa al portato della longeva riflessione dell’artista, non scevra di sostrati autobiografici, relativa alle culture mediterranee, che si arricchisce di sofisticati sguardi al mondo orientale. Nel nome del primato della “estetica del vuoto”, intesa nell’accezione, positiva, veicolata dal Taoismo e dal Buddismo, poeticamente rappresentata dai componenti giapponesi haiku, ma anche, a livello figurativo, dalle stampe ukiyo-e, la vacuità assume pari, se non maggiore importanza rispetto al corrispettivo “pieno”, in quanto forza generatrice della realtà e delle sue forme. Alla luce di questo orizzonte di pensiero, la materia e il colore si liberano del superfluo, per giungere a uno stato di minimalista linearità modulare, che riflette o manipola la percezione spaziale degli interni razionalisti del Rettorato, ritmati dalla medesima dialettica fra pieni e vuoti, che divengono cassa di risonanza dell’esplicazione semantica dei manufatti. I lavori selezionati, alcuni già esposti, nel 2022, nella prestigiosa cornice dell’Istituto Italiano di Cultura di Cracovia, esplorano istanze solo in apparenza dicotomiche, invero compartecipi di una realtà in equilibrio: presenza e assenza, orizzontalità e verticalità, grevità e leggerezza, luce e ombra, cromìa e assenza di colore, tratteggiano, efficacemente, quella che Roland Barthes definì, ne L’impero dei segni (1970), «fragile essenza dell’apparire», riferendosi proprio alle forme artistiche orientali, calligrafia compresa. Una fascinazione che colloca la produzione di Pizzolante entro un dibattito longevo, che, a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, sulla scia del totale affrancamento dalla figurazione, generato dall’affermazione, neoavanguardista, delle sensibilità astratto-concreta, spazialista, informale, concettuale e minimalista, nelle loro variegate declinazioni, consente di rintracciare delle convergenze con i capisaldi del mondo orientale, sperimentate, tra i molti, da artisti del calibro di Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Sam Francis, Franz Kline, Robert Ryman, Yves Klein, Alberto Burri, Enrico Castellani, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Mario Schifano, Francesco Lo Savio, Giulio Paolini, Giuseppe Uncini ed Ettore Spalletti.
Antonio Pizzolante : haiku o la forma del vuoto, catalogo della mostra (Rettorato dell'Università degli Studi dell'Insubria, Varese, 15 maggio-28 agosto 2023)
Massimiliano Ferrario
2023-01-01
Abstract
Catalogo della mostra (Varese, Rettorato dell'Università degli Studi dell'Insubria, 15 maggio-28 agosto 2023) inserita nel calendario degli eventi organizzati per i 25 anni dell’Ateneo (1998-2023). Protagonista è il pugliese di nascita, ma varesino d’adozione, Antonio Pizzolante, del quale è sondata l’ultima fase della ricerca, di natura installativa, caratterizzata da un dialogo serrato con lo spazio architettonico. Nelle opere, che sintetizzano e accorpano pittura e scultura, spicca l’indagine sull’antropologia dei materiali antichi (legno, ferro, pietra, carta), connessa al portato della longeva riflessione dell’artista, non scevra di sostrati autobiografici, relativa alle culture mediterranee, che si arricchisce di sofisticati sguardi al mondo orientale. Nel nome del primato della “estetica del vuoto”, intesa nell’accezione, positiva, veicolata dal Taoismo e dal Buddismo, poeticamente rappresentata dai componenti giapponesi haiku, ma anche, a livello figurativo, dalle stampe ukiyo-e, la vacuità assume pari, se non maggiore importanza rispetto al corrispettivo “pieno”, in quanto forza generatrice della realtà e delle sue forme. Alla luce di questo orizzonte di pensiero, la materia e il colore si liberano del superfluo, per giungere a uno stato di minimalista linearità modulare, che riflette o manipola la percezione spaziale degli interni razionalisti del Rettorato, ritmati dalla medesima dialettica fra pieni e vuoti, che divengono cassa di risonanza dell’esplicazione semantica dei manufatti. I lavori selezionati, alcuni già esposti, nel 2022, nella prestigiosa cornice dell’Istituto Italiano di Cultura di Cracovia, esplorano istanze solo in apparenza dicotomiche, invero compartecipi di una realtà in equilibrio: presenza e assenza, orizzontalità e verticalità, grevità e leggerezza, luce e ombra, cromìa e assenza di colore, tratteggiano, efficacemente, quella che Roland Barthes definì, ne L’impero dei segni (1970), «fragile essenza dell’apparire», riferendosi proprio alle forme artistiche orientali, calligrafia compresa. Una fascinazione che colloca la produzione di Pizzolante entro un dibattito longevo, che, a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, sulla scia del totale affrancamento dalla figurazione, generato dall’affermazione, neoavanguardista, delle sensibilità astratto-concreta, spazialista, informale, concettuale e minimalista, nelle loro variegate declinazioni, consente di rintracciare delle convergenze con i capisaldi del mondo orientale, sperimentate, tra i molti, da artisti del calibro di Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Sam Francis, Franz Kline, Robert Ryman, Yves Klein, Alberto Burri, Enrico Castellani, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Mario Schifano, Francesco Lo Savio, Giulio Paolini, Giuseppe Uncini ed Ettore Spalletti.File | Dimensione | Formato | |
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