Assunta la natura amministrativa dell’esecuzione forzata tributaria, nel contributo vengono esaminate le diverse forme con cui l’autotutela può esprimersi in quest’ambito. Anzitutto, le procedure esecutive tributarie, di per sé, sono espressione dell’autotutela esecutiva, riconducibile al principio dell’esecutorietà dell’agire amministrativo. Interventi di autotutela esecutiva sono individuabili anche in tutti quei provvedimenti a carattere “coercitivo”, finalizzati a “indurre” il debitore ad adempiere, così da evitare il ricorso alle procedure espropriative. Inoltre, se il potere di esecuzione coattiva viene esercitato attraverso l’adozione di decisioni a carattere provvedimentale (pignoramento, ordine di vendita, surroga), che possono implicare anche delle scelte a carattere discrezionale, conseguentemente l’Agente della riscossione ha potere (discrezionale) di riesaminarle, annullandole o sospendendone l’efficacia se ritenute illegittime (per violazione delle condizioni di legge o perché scorrette nelle scelte). A fronte di ciò, analizzando la (speciale) disciplina positiva dell’autotutela tributaria – tanto quella vigente, quanto quella che, alla luce della bozza di decreto delegato attualmente nota, dovrebbe essere adottata in attuazione della delega per la riforma fiscale – emerge il “disinteresse” del legislatore per la sua potenziale applicazione anche ai provvedimenti esecutivi, “regolamentandola” solo con riferimento a quelli di imposizione. Tuttavia, questa carenza normativa non ne inficia l’applicabilità anche alle decisioni assunte dall’Amministrazione finanziaria nell’esercizio del potere di esecuzione coattiva, dovendosi desumere in via sistematica per la semplice ragione che il potere di riesame rappresenta un “privilegio” connaturato alle attività pubbliche autoritative (che si esprimono mediante atti a contenuto provvedimentale). Si tratta, quindi, di un potere per definizione a carattere discrezionale; pertanto, la previsione di ipotesi di «autotutela obbligatoria» finirebbe per “snaturare” l’istituto. Infine, viene chiarito che un eventuale sindacato giurisdizionale sulla (il)legittimità del diniego (espresso o tacito) di autotutela riferito ai provvedimenti esecutivi adottati dall’Agente della riscossione, proprio in ragione della loro natura amministrativa, non possa che appartenere alla cognizione del giudice tributario.
L'autotutela nell'esecuzione forzata tributaria
Zaga'
2024-01-01
Abstract
Assunta la natura amministrativa dell’esecuzione forzata tributaria, nel contributo vengono esaminate le diverse forme con cui l’autotutela può esprimersi in quest’ambito. Anzitutto, le procedure esecutive tributarie, di per sé, sono espressione dell’autotutela esecutiva, riconducibile al principio dell’esecutorietà dell’agire amministrativo. Interventi di autotutela esecutiva sono individuabili anche in tutti quei provvedimenti a carattere “coercitivo”, finalizzati a “indurre” il debitore ad adempiere, così da evitare il ricorso alle procedure espropriative. Inoltre, se il potere di esecuzione coattiva viene esercitato attraverso l’adozione di decisioni a carattere provvedimentale (pignoramento, ordine di vendita, surroga), che possono implicare anche delle scelte a carattere discrezionale, conseguentemente l’Agente della riscossione ha potere (discrezionale) di riesaminarle, annullandole o sospendendone l’efficacia se ritenute illegittime (per violazione delle condizioni di legge o perché scorrette nelle scelte). A fronte di ciò, analizzando la (speciale) disciplina positiva dell’autotutela tributaria – tanto quella vigente, quanto quella che, alla luce della bozza di decreto delegato attualmente nota, dovrebbe essere adottata in attuazione della delega per la riforma fiscale – emerge il “disinteresse” del legislatore per la sua potenziale applicazione anche ai provvedimenti esecutivi, “regolamentandola” solo con riferimento a quelli di imposizione. Tuttavia, questa carenza normativa non ne inficia l’applicabilità anche alle decisioni assunte dall’Amministrazione finanziaria nell’esercizio del potere di esecuzione coattiva, dovendosi desumere in via sistematica per la semplice ragione che il potere di riesame rappresenta un “privilegio” connaturato alle attività pubbliche autoritative (che si esprimono mediante atti a contenuto provvedimentale). Si tratta, quindi, di un potere per definizione a carattere discrezionale; pertanto, la previsione di ipotesi di «autotutela obbligatoria» finirebbe per “snaturare” l’istituto. Infine, viene chiarito che un eventuale sindacato giurisdizionale sulla (il)legittimità del diniego (espresso o tacito) di autotutela riferito ai provvedimenti esecutivi adottati dall’Agente della riscossione, proprio in ragione della loro natura amministrativa, non possa che appartenere alla cognizione del giudice tributario.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.