In questi anni si assiste ad una progressione dei processi di marginalizzazione che investono le aree interne italiane, proprio come accade anche in molti altri paesi europei. I processi di marginalizzazione vanno letti in relazione a dinamiche di lungo periodo manifestatesi sin dai primi anni Cinquanta del secolo scorso. In particolare, la marginalità è stata incrementata da un lungo calo della popolazione che, talvolta, si è addirittura attesta sotto la soglia critica. Oltre a ciò, ulteriori dinamiche di lungo periodo a incrementare marginalità territoriale, si sono sommate: invecchiamento demografico, emigrazione giovanile, riduzione dell’occupazione e dell’offerta locale di servizi pubblici e privati, degrado del patrimonio culturale e paesaggistico. In generale, queste dinamiche sono delle vere e proprie pressioni croniche che spesso, in letteratura, sono riconosciuti come fenomeni di “combustione lenta”, ovvero fenomeni che corrodono la capacità dei territori di essere resilienti, di adattarsi al cambiamento. Complici anche politiche fortemente urbano-centriche che, negli anni, hanno interpretato le città come gli unici motori di sviluppo economico, la narrativa dominante ha spesso connotato negativamente le aree interne come territori depressi e immobili. Molti lavori recenti hanno indagato diversi aspetti di queste aree, ma ad oggi nessuno ha analizzato se e quanto questa narrativa sia stata pervasiva. Attraverso l’utilizzo della metodologia della sentiment analysis, il presente contributo si propone di esplorare il sentiment associato a queste aree e, ove possibile, la sua geografia allo scopo di individuare eventuali concentrazioni di associazioni positive e negative. Si parla molto di aree interne però spesso vengono usati indicatori indiretti (come l’uso del voto e dei dati elettorali come senso di insoddisfazione verso la casta) ma manca una rilevazione diretta per capire il valore che viene associato a queste aree: la domanda di ricerca che ha mosso questo lavoro è così sintetizzabile: si associano valori positivi o negativi alle aree interne? E ancora: queste aree sono comunemente definite «marginali» ma cosa si dice davvero di loro? Il motivo per cui ci interessiamo a questo risiede nella necessità di ottenere indicazioni di policy. Come scrive Rodriguez-Pose «Bisogna cominciare a prendere sul serio queste zone abbandonate, scontente. Non con politiche statiche e sterili, ma occorrono politiche dinamiche, a lungo termine, delle politiche più immaginative, basate sul potenziale economico, che limitino i problemi sociali, che promuovano anche il movimento delle persone, per evitare che il malcontento si ingrandisca, che il risentimento cresca. Perché alla fine se in questo sistema molto integrato rimangono luoghi che non contano, se il malcontento aumenta, perdiamo tutti» (Rodríguez-Pose, 2018). Il potenziale delle città piccole e medie e delle aree rurali è un potenziale negato e trascurato perché, il pensiero dominante tra gli economisti urbani porta all’attribuzione di un ruolo di primo piano alle grandi città. Ne Il trionfo della Città di Edward Glaeser (2011) i fattori fondamentali della crescita economica e urbana sono riassunti nella densità e nell’agglomerazione (Glaeser, 2011) il futuro, scrive Gleaser, è nelle grandi città. Si può comprendere allora perché si stanno ribellando i cosiddetti luoghi che non contano. L’andamento economico e industriale dei luoghi marginalizzati li condanna a diventare irrilevanti agli occhi dei decisori politici e dei pianificatori. Per questa ragione è necessario trovare le cause del declino economico di lungo periodo per formulare soluzioni ai problemi e riprendere la strada della crescita. Riprendendo la citazione di Rodríguez-Pose di poco prima, non dimentichiamo che la ‘vendetta’ dei luoghi che non contano sta attaccando le basi del sistema: mercati aperti, mobilità ed emigrazione, accesso al mercato unico. Si tratta di una vendetta banale ma efferata: se noi non abbiamo futuro nemmeno voi l’avrete; vogliamo che tutti quelli che ottengono benefici dal sistema, sentano quello che sentiamo noi; se perdiamo noi, allora perderemo tutti. La vendetta dei luoghi che non contano sta mettendo a rischio un sistema, che certamente ha molti problemi e che ha bisogno di una profonda riforma.
Esplorazione del sentiment sulle aree interne italiane tra una narrazione miserabilista e una estetizzante
Valentina Albanese
Primo
;Giulia UrsoSecondo
2025-01-01
Abstract
In questi anni si assiste ad una progressione dei processi di marginalizzazione che investono le aree interne italiane, proprio come accade anche in molti altri paesi europei. I processi di marginalizzazione vanno letti in relazione a dinamiche di lungo periodo manifestatesi sin dai primi anni Cinquanta del secolo scorso. In particolare, la marginalità è stata incrementata da un lungo calo della popolazione che, talvolta, si è addirittura attesta sotto la soglia critica. Oltre a ciò, ulteriori dinamiche di lungo periodo a incrementare marginalità territoriale, si sono sommate: invecchiamento demografico, emigrazione giovanile, riduzione dell’occupazione e dell’offerta locale di servizi pubblici e privati, degrado del patrimonio culturale e paesaggistico. In generale, queste dinamiche sono delle vere e proprie pressioni croniche che spesso, in letteratura, sono riconosciuti come fenomeni di “combustione lenta”, ovvero fenomeni che corrodono la capacità dei territori di essere resilienti, di adattarsi al cambiamento. Complici anche politiche fortemente urbano-centriche che, negli anni, hanno interpretato le città come gli unici motori di sviluppo economico, la narrativa dominante ha spesso connotato negativamente le aree interne come territori depressi e immobili. Molti lavori recenti hanno indagato diversi aspetti di queste aree, ma ad oggi nessuno ha analizzato se e quanto questa narrativa sia stata pervasiva. Attraverso l’utilizzo della metodologia della sentiment analysis, il presente contributo si propone di esplorare il sentiment associato a queste aree e, ove possibile, la sua geografia allo scopo di individuare eventuali concentrazioni di associazioni positive e negative. Si parla molto di aree interne però spesso vengono usati indicatori indiretti (come l’uso del voto e dei dati elettorali come senso di insoddisfazione verso la casta) ma manca una rilevazione diretta per capire il valore che viene associato a queste aree: la domanda di ricerca che ha mosso questo lavoro è così sintetizzabile: si associano valori positivi o negativi alle aree interne? E ancora: queste aree sono comunemente definite «marginali» ma cosa si dice davvero di loro? Il motivo per cui ci interessiamo a questo risiede nella necessità di ottenere indicazioni di policy. Come scrive Rodriguez-Pose «Bisogna cominciare a prendere sul serio queste zone abbandonate, scontente. Non con politiche statiche e sterili, ma occorrono politiche dinamiche, a lungo termine, delle politiche più immaginative, basate sul potenziale economico, che limitino i problemi sociali, che promuovano anche il movimento delle persone, per evitare che il malcontento si ingrandisca, che il risentimento cresca. Perché alla fine se in questo sistema molto integrato rimangono luoghi che non contano, se il malcontento aumenta, perdiamo tutti» (Rodríguez-Pose, 2018). Il potenziale delle città piccole e medie e delle aree rurali è un potenziale negato e trascurato perché, il pensiero dominante tra gli economisti urbani porta all’attribuzione di un ruolo di primo piano alle grandi città. Ne Il trionfo della Città di Edward Glaeser (2011) i fattori fondamentali della crescita economica e urbana sono riassunti nella densità e nell’agglomerazione (Glaeser, 2011) il futuro, scrive Gleaser, è nelle grandi città. Si può comprendere allora perché si stanno ribellando i cosiddetti luoghi che non contano. L’andamento economico e industriale dei luoghi marginalizzati li condanna a diventare irrilevanti agli occhi dei decisori politici e dei pianificatori. Per questa ragione è necessario trovare le cause del declino economico di lungo periodo per formulare soluzioni ai problemi e riprendere la strada della crescita. Riprendendo la citazione di Rodríguez-Pose di poco prima, non dimentichiamo che la ‘vendetta’ dei luoghi che non contano sta attaccando le basi del sistema: mercati aperti, mobilità ed emigrazione, accesso al mercato unico. Si tratta di una vendetta banale ma efferata: se noi non abbiamo futuro nemmeno voi l’avrete; vogliamo che tutti quelli che ottengono benefici dal sistema, sentano quello che sentiamo noi; se perdiamo noi, allora perderemo tutti. La vendetta dei luoghi che non contano sta mettendo a rischio un sistema, che certamente ha molti problemi e che ha bisogno di una profonda riforma.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.