Nel periodo 1974-1994 sono venuti alla nostra osservazione 304 pazienti affetti da adenocarcinoma duttale del pancreas. Scopo del nostro lavoro é la valutazione oncologica e tecnica delle resezioni pancreatiche. Sede ed estensione della neoplasia condizionano i risultati. I tumori localizzati nel corpo-coda sono raramente passibili di resezioni curative; nella maggioranza dei casi vengono eseguite laparotomie o interventi palliativi. I pazienti sopravvivono 2-4 mesi dalla diagnosi e non esistono sopravvivenze a 5 anni. I tumori della testa, invece, sono resecablli nel 30% dei pazienti. La sopravvivenza media globale è di 10 mesi e 16 mesi al I stadio (indipendentemente dalla taglia della neoplasia). Non si rilevano differenze significative tra Il e III stadio (6. l e 5.l mesi rispettivamente). L'intervento più eseguito è la duodenocefalopancreasectomia (DPC), la ricostruzione classica è quella secondo Child, che pone l'anastomosi pancreatica a monte di quella gastrica per prevenire l'ulcera digiunale. Il moncone pancreatico può essere anastomizzato all'ansa digiunale oppure trattato con metodiche alternative "di soppressione esocrina•: occlusione con prolamina, sutura manuale o meccanica o drenaggio semplice. Queste procedure, adottate nella nostra esperienza dal 1986, hanno azzerato la mortalità operatoria. Sul piano metabolico, in assenza di anastomosi, l'insufficienza esocrina è ben tollerata con terapia medica sostitutiva, mentre il diabete mellito compare solo nei pazienti complicati da fistole nel post peratorio. Negli ultimi anni abbiamo introdotto, nella fase di ricostruzione, anche la tecnica di conservazione del piloro. Globalmente esiste una forte presunzione di tale metodo rispetto all'intervento di Whipple. E' difficile, tuttavia, provare in tutta obiettività un beneficio sul piano nutrizionale e del conforto digestivo. Fra le tre obiezioni abitualmente opposte alla conservazione del piloro, il rischio di gasrtoplegia, ulcera anastomotica e il rischio carcinologico, sembra che solo quest'ultimo e' realmente da prendere in considerazione. In caso di piccola neoplasia, strettamente limitata alla gliandola, evento più teorico che di riscontro pratico, la tecnica puo' essere adottata. giacché la resezione gastrica non aumenterebbe la radicalità dell'intervento. In tutti gli altri casi, occorre fare di tutto, compreso la resezione gastrica, per assicurarsi la radicalità oncologica. All'altro estremo, in caso di exeresi manifestamente palliativa, e' possibile ritenere che la tecnica possa essere giustificata per ottenere in tal caso, se non una prognosi favorevole, almeno un miglior conforto e qualità di vita proprio sul piano digestivo e nutrizionale.
Nostra esperienza nella terapia del cancro del pancreas esocrino
GAETA, LUIGI;
1995-01-01
Abstract
Nel periodo 1974-1994 sono venuti alla nostra osservazione 304 pazienti affetti da adenocarcinoma duttale del pancreas. Scopo del nostro lavoro é la valutazione oncologica e tecnica delle resezioni pancreatiche. Sede ed estensione della neoplasia condizionano i risultati. I tumori localizzati nel corpo-coda sono raramente passibili di resezioni curative; nella maggioranza dei casi vengono eseguite laparotomie o interventi palliativi. I pazienti sopravvivono 2-4 mesi dalla diagnosi e non esistono sopravvivenze a 5 anni. I tumori della testa, invece, sono resecablli nel 30% dei pazienti. La sopravvivenza media globale è di 10 mesi e 16 mesi al I stadio (indipendentemente dalla taglia della neoplasia). Non si rilevano differenze significative tra Il e III stadio (6. l e 5.l mesi rispettivamente). L'intervento più eseguito è la duodenocefalopancreasectomia (DPC), la ricostruzione classica è quella secondo Child, che pone l'anastomosi pancreatica a monte di quella gastrica per prevenire l'ulcera digiunale. Il moncone pancreatico può essere anastomizzato all'ansa digiunale oppure trattato con metodiche alternative "di soppressione esocrina•: occlusione con prolamina, sutura manuale o meccanica o drenaggio semplice. Queste procedure, adottate nella nostra esperienza dal 1986, hanno azzerato la mortalità operatoria. Sul piano metabolico, in assenza di anastomosi, l'insufficienza esocrina è ben tollerata con terapia medica sostitutiva, mentre il diabete mellito compare solo nei pazienti complicati da fistole nel post peratorio. Negli ultimi anni abbiamo introdotto, nella fase di ricostruzione, anche la tecnica di conservazione del piloro. Globalmente esiste una forte presunzione di tale metodo rispetto all'intervento di Whipple. E' difficile, tuttavia, provare in tutta obiettività un beneficio sul piano nutrizionale e del conforto digestivo. Fra le tre obiezioni abitualmente opposte alla conservazione del piloro, il rischio di gasrtoplegia, ulcera anastomotica e il rischio carcinologico, sembra che solo quest'ultimo e' realmente da prendere in considerazione. In caso di piccola neoplasia, strettamente limitata alla gliandola, evento più teorico che di riscontro pratico, la tecnica puo' essere adottata. giacché la resezione gastrica non aumenterebbe la radicalità dell'intervento. In tutti gli altri casi, occorre fare di tutto, compreso la resezione gastrica, per assicurarsi la radicalità oncologica. All'altro estremo, in caso di exeresi manifestamente palliativa, e' possibile ritenere che la tecnica possa essere giustificata per ottenere in tal caso, se non una prognosi favorevole, almeno un miglior conforto e qualità di vita proprio sul piano digestivo e nutrizionale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.