Le lesioni cartilaginee a tutto spessore sono una patologia di comune riscontro nella pratica ortopedica e la loro incidenza nella popolazione ha mostrato un andamento in crescita negli ultimi anni dovuto all’aumentata richiesta funzionale in particolare dei pazienti over quaranta anni. Diversi autori hanno dimostrato l’efficacia dell’impianto di condrociti autologhi a medio e lungo termine nel trattamento delle lesioni focali traumatiche e degenerative iniziali. L’evoluzione da un concetto di terapia cellulare ad uno di ingegneria tissutale, grazie all’impiego dei supporti tridimensionali o scaffold, ha fornito vantaggi non solo dal punto di vista chirurgico (minore invasività, utilizzo di tecniche artroscopiche, ridotto numero di complicazioni) ma anche dal punto di vista biologico (migliore differenziazione dei condrociti in coltura, omogenea distribuzione delle cellule nel difetto condrale, ridotta incidenza di ipertrofia dell’impianto). L’attenzione dei ricercatori si è focalizzata negli ultimi anni sul miglioramento della tecnica di base ed in particolare su tre temi fondamentali: tipo di cellule da impiantare, scaffold e fattori di crescita. A tal fine i futuri sviluppi prevedranno una migliore selezione delle cellule da impiantare ed eventualmente l’utilizzo della terapia genica per attivare la produzione di specifiche molecole della matrice extracellulare. Inoltre, l’utilizzo delle cellule staminali potrà incrementare la capacità di riparazione. Diversi studi sperimentali stanno valutando l’efficacia di scaffold biomimetici che facilitino la differenziazione di uno stesso impianto in cartilagine ed osso per la riparazione di difetti osteocondrali. L’utilizzo dei bioreattori, associato al prelievo di cellule totipotenti da sedi extraarticolari, di scaffold e di specifici fattori di crescita, consentirà in futuro di avere un tessuto cartilagineo senza dover sottoporre il paziente ad un duplice intervento chirurgico.

Innesti condrali: a che punto siamo?

RONGA, MARIO
2009-01-01

Abstract

Le lesioni cartilaginee a tutto spessore sono una patologia di comune riscontro nella pratica ortopedica e la loro incidenza nella popolazione ha mostrato un andamento in crescita negli ultimi anni dovuto all’aumentata richiesta funzionale in particolare dei pazienti over quaranta anni. Diversi autori hanno dimostrato l’efficacia dell’impianto di condrociti autologhi a medio e lungo termine nel trattamento delle lesioni focali traumatiche e degenerative iniziali. L’evoluzione da un concetto di terapia cellulare ad uno di ingegneria tissutale, grazie all’impiego dei supporti tridimensionali o scaffold, ha fornito vantaggi non solo dal punto di vista chirurgico (minore invasività, utilizzo di tecniche artroscopiche, ridotto numero di complicazioni) ma anche dal punto di vista biologico (migliore differenziazione dei condrociti in coltura, omogenea distribuzione delle cellule nel difetto condrale, ridotta incidenza di ipertrofia dell’impianto). L’attenzione dei ricercatori si è focalizzata negli ultimi anni sul miglioramento della tecnica di base ed in particolare su tre temi fondamentali: tipo di cellule da impiantare, scaffold e fattori di crescita. A tal fine i futuri sviluppi prevedranno una migliore selezione delle cellule da impiantare ed eventualmente l’utilizzo della terapia genica per attivare la produzione di specifiche molecole della matrice extracellulare. Inoltre, l’utilizzo delle cellule staminali potrà incrementare la capacità di riparazione. Diversi studi sperimentali stanno valutando l’efficacia di scaffold biomimetici che facilitino la differenziazione di uno stesso impianto in cartilagine ed osso per la riparazione di difetti osteocondrali. L’utilizzo dei bioreattori, associato al prelievo di cellule totipotenti da sedi extraarticolari, di scaffold e di specifici fattori di crescita, consentirà in futuro di avere un tessuto cartilagineo senza dover sottoporre il paziente ad un duplice intervento chirurgico.
2009
Ronga, Mario
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11383/1792994
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