Il caso in commento riguardava problemi attinenti al ristagno di percolato, ossia del liquido prodotto dall’infiltrazione di acque meteoriche nella massa di rifiuti solidi urbani ed appare rappresentativo della tendenza, da parte delle amministrazioni comunali, a cercare di allocare responsabilità inerenti ad obblighi di bonifica e smaltimento dei rifiuti in capo ai proprietari dei terreni ove sorgono impianti gestiti da altri soggetti, a prescindere dal loro coinvolgimento nella minaccia o causazione del danno ambientale o nella stessa gestione dei rifiuti. Il Consiglio di Stato ha ritenuto applicabile il D.Lgs. 36/2003 e non l’art. 192 Cod. Amb. Conseguentemente, l’unico soggetto responsabile è stato considerato il gestore della discarica, sul quale gravano, ai sensi degli art. 12 e 13 del Decreto, specifici obblighi nella fase di chiusura della discarica, tra cui quello di garantire i controlli e le analisi del biogas, del percolato e delle acque di falda che possano essere interessate, a tutela della salute e dell’ambiente. Si è pertanto anche escluso che il percolato da discarica possa essere qualificabile come “rifiuto”. Il Consiglio di Stato infine ribadisce che nel caso di specie non è ascrivibile alcun dolo o colpa in capo ai proprietari del sito; si sono in particolare escluse responsabilità di tipo omissivo e la sussistenza di un obbligo di vigilanza, il quale nel caso di specie era anche reso impossibile dal fatto che il sito era recintato ed inaccessibile e poi successivamente sequestrato.
Ristagno di percolato e contaminazione del suolo: il proprietario non è responsabile
M. Cenini
2018-01-01
Abstract
Il caso in commento riguardava problemi attinenti al ristagno di percolato, ossia del liquido prodotto dall’infiltrazione di acque meteoriche nella massa di rifiuti solidi urbani ed appare rappresentativo della tendenza, da parte delle amministrazioni comunali, a cercare di allocare responsabilità inerenti ad obblighi di bonifica e smaltimento dei rifiuti in capo ai proprietari dei terreni ove sorgono impianti gestiti da altri soggetti, a prescindere dal loro coinvolgimento nella minaccia o causazione del danno ambientale o nella stessa gestione dei rifiuti. Il Consiglio di Stato ha ritenuto applicabile il D.Lgs. 36/2003 e non l’art. 192 Cod. Amb. Conseguentemente, l’unico soggetto responsabile è stato considerato il gestore della discarica, sul quale gravano, ai sensi degli art. 12 e 13 del Decreto, specifici obblighi nella fase di chiusura della discarica, tra cui quello di garantire i controlli e le analisi del biogas, del percolato e delle acque di falda che possano essere interessate, a tutela della salute e dell’ambiente. Si è pertanto anche escluso che il percolato da discarica possa essere qualificabile come “rifiuto”. Il Consiglio di Stato infine ribadisce che nel caso di specie non è ascrivibile alcun dolo o colpa in capo ai proprietari del sito; si sono in particolare escluse responsabilità di tipo omissivo e la sussistenza di un obbligo di vigilanza, il quale nel caso di specie era anche reso impossibile dal fatto che il sito era recintato ed inaccessibile e poi successivamente sequestrato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.