I carcinomi colorettali (CRC) rappresentano la seconda causa di morte fra tutti i tipi di tumore. I fattori eziologici coinvolti nell’insorgenza della patologia hanno origini sia genetiche che di carattere ambientale e comportamentale. I tre approcci terapeutici tradizionalmente utilizzati per la cura dei carcinomi colorettali sono costituiti dall’intervento chirurgico, dalla radioterapia e dalla chemioterapia. La refrattarietà di questo tipo di tumore alla radioterapia ed alla chemioterapia è ascrivibile a diversi fattori, tra i quali sembra rivestire un ruolo non trascurabile la presenza di regioni ipossiche all’interno della massa tumorale: da qui nasce l’idea che colpire fattori coinvolti nella risposta del tumore all’ipossia possa produrre la chemosensibilizzazione, oltre che il trattamento, del tumore stesso. Il principale mediatore delle risposte attuate a seguito dell’ipossia è il fattore trascrizionale HIF-1 (fattore inducibile dall’ipossia). Si tratta di un eterodimero costituito da una subunità , regolabile attraverso meccanismi ossigeno-dipendenti e/o indipendenti, e da una sub unità , espressa costitutivamente. La riduzione della pressione parziale di ossigeno nel microambiente cellulare determina una riduzione della degradazione proteica di HIF-1, che porta alla stabilizzazione dei suoi livelli intracellulari. L’aumento dei livelli intracellulari di HIF-1può essere inoltre determinato da un aumento della sua biosintesi, mediato da meccanismi ossigeno-indipendenti (p.e. attivazione di vie di trasduzione del segnale da parte di fattori di crescita e prodotti oncogenici, perdita di funzione di geni oncosoppressori). In ambedue i casi, all’aumento dei livelli di HIF-1 fa seguito la sua traslocazione nel nucleo, dove avviene la formazione del dimero HIF-1(), in grado di legare le sequenze HRE (Hypoxia Response Element) presenti nei promotori dei geni bersaglio, attivandone la trascrizione. Molti dei geni controllati da HIF-1 codificano per proteine coinvolte nell’angiogenesi, nel trasporto dell’ossigeno e del glucosio, nella glicolisi, nella proliferazione e nella sopravvivenza cellulare e possono di conseguenza mediare la transizione delle cellule neoplastiche verso un fenotipo altamente maligno e resistente alla chemioterapia. Data l’importanza della proteina HIF-1 nell’indurre le risposte adattative cellulari alla mancanza di ossigeno, scopo del presente lavoro è stato valutare se questo fattore trascrizionale eterodimerico potesse rappresentare un valido bersaglio per interventi volti ad aumentare l’efficacia della chemioterapia nei confronti dei CRC. Grazie ad esperimenti preliminari è stato confermato che l’induzione di una condizione di ipossia moderata (pO2  1 %) è in grado di determinare, in misura diversa in relazione alle diverse caratteristiche delle tre linee cellulari utilizzate (HT29, HCT16, H630) e al diverso meccanismo d’azione dei farmaci esaminati (5-FU, DOX, OxPt), a) un aumento dei livelli di HIF-1, nonché dell’attività trascrizionale di HIF- 1; e b) una ridotta risposta a tre farmaci citotossici, noti per agire attraverso meccanismi diversi a livello molecolare. Nella seconda parte del lavoro è stato dimostrato, attraverso la manipolazione genetica della linea cellulare HCT116 utilizzando: a) un shRNA in grado di ridurre l’espressione di HIF-1 b) e una forma mutata di HIF-1(HIF-1MUT), resistente alla degradazione in normossia e quindi in grado di indurre l’attivazione costitutiva di HIF-1, che esiste un possibile ruolo causale di HIF-1 nella mancata risposta ai farmaci in ipossia. Infine, l’oligonucleotide antisenso EZN2968, diretto contro il mRNA di HIF-1, e l’inibitore della tioredossina-1 PMX290, noto per inibire l’attività trascrizionale di HIF-1, si sono dimostrati in grado di potenziare l’azione citotossica dei tre chemioterapici in esame in una o più delle linee cellulari testate. È stato inoltre messo a punto un modello di coltura tridimensionale, facendo crescere le cellule HCT116 sotto forma di sferoidi, in modo da riprodurre le condizioni di ossigenazione cellulare che si creano all’interno di una massa tumorale in modo più fedele rispetto a quanto si osservi nelle colture bidimensionali. Utilizzando sferoidi ottenuti da cellule HCT116/HRP-EGFP, in cui l’espressione della EGFP è regolata da HIF-1, abbiamo visualizzato in microscopia a fluorescenza la presenza di aree ipossiche all’interno degli sferoidi e quantificato l’attività trascrizionale di HIF-1 mediante citofluorimetria a flusso. I dati ottenuti hanno mostrato che il 5-FU è significativamente meno potente nell’inibire la capacità di formare cloni delle cellule derivanti da sferoidi rispetto al monostrato e che, anche in questo modello, esiste un effetto chemiosensibilizzante del composto PMX290. Il fatto che l’inibizione di HIF-1 induca sensibilizzazione all’effetto dei farmaci in cellule ipossiche suggerisce che strategie polichemioterapiche che includano composti in grado di inibire l’espressione e/o l’attività di HIF-1 possano rappresentare un valido approccio al trattamento di tumori solidi refrattari alla chemioterapia e in cui si riscontri frequentemente la presenza di aree ipossiche.

Effetto della modulazione di HIF-1 sulla risposta di colture bi- e tri-dimensionali di cellule di adenocarcinoma colorettale a 5-fluorouracile, oxaliplatino e doxorubicina / Molteni, Roberta. - (2010).

Effetto della modulazione di HIF-1 sulla risposta di colture bi- e tri-dimensionali di cellule di adenocarcinoma colorettale a 5-fluorouracile, oxaliplatino e doxorubicina.

Molteni, Roberta
2010-01-01

Abstract

I carcinomi colorettali (CRC) rappresentano la seconda causa di morte fra tutti i tipi di tumore. I fattori eziologici coinvolti nell’insorgenza della patologia hanno origini sia genetiche che di carattere ambientale e comportamentale. I tre approcci terapeutici tradizionalmente utilizzati per la cura dei carcinomi colorettali sono costituiti dall’intervento chirurgico, dalla radioterapia e dalla chemioterapia. La refrattarietà di questo tipo di tumore alla radioterapia ed alla chemioterapia è ascrivibile a diversi fattori, tra i quali sembra rivestire un ruolo non trascurabile la presenza di regioni ipossiche all’interno della massa tumorale: da qui nasce l’idea che colpire fattori coinvolti nella risposta del tumore all’ipossia possa produrre la chemosensibilizzazione, oltre che il trattamento, del tumore stesso. Il principale mediatore delle risposte attuate a seguito dell’ipossia è il fattore trascrizionale HIF-1 (fattore inducibile dall’ipossia). Si tratta di un eterodimero costituito da una subunità , regolabile attraverso meccanismi ossigeno-dipendenti e/o indipendenti, e da una sub unità , espressa costitutivamente. La riduzione della pressione parziale di ossigeno nel microambiente cellulare determina una riduzione della degradazione proteica di HIF-1, che porta alla stabilizzazione dei suoi livelli intracellulari. L’aumento dei livelli intracellulari di HIF-1può essere inoltre determinato da un aumento della sua biosintesi, mediato da meccanismi ossigeno-indipendenti (p.e. attivazione di vie di trasduzione del segnale da parte di fattori di crescita e prodotti oncogenici, perdita di funzione di geni oncosoppressori). In ambedue i casi, all’aumento dei livelli di HIF-1 fa seguito la sua traslocazione nel nucleo, dove avviene la formazione del dimero HIF-1(), in grado di legare le sequenze HRE (Hypoxia Response Element) presenti nei promotori dei geni bersaglio, attivandone la trascrizione. Molti dei geni controllati da HIF-1 codificano per proteine coinvolte nell’angiogenesi, nel trasporto dell’ossigeno e del glucosio, nella glicolisi, nella proliferazione e nella sopravvivenza cellulare e possono di conseguenza mediare la transizione delle cellule neoplastiche verso un fenotipo altamente maligno e resistente alla chemioterapia. Data l’importanza della proteina HIF-1 nell’indurre le risposte adattative cellulari alla mancanza di ossigeno, scopo del presente lavoro è stato valutare se questo fattore trascrizionale eterodimerico potesse rappresentare un valido bersaglio per interventi volti ad aumentare l’efficacia della chemioterapia nei confronti dei CRC. Grazie ad esperimenti preliminari è stato confermato che l’induzione di una condizione di ipossia moderata (pO2  1 %) è in grado di determinare, in misura diversa in relazione alle diverse caratteristiche delle tre linee cellulari utilizzate (HT29, HCT16, H630) e al diverso meccanismo d’azione dei farmaci esaminati (5-FU, DOX, OxPt), a) un aumento dei livelli di HIF-1, nonché dell’attività trascrizionale di HIF- 1; e b) una ridotta risposta a tre farmaci citotossici, noti per agire attraverso meccanismi diversi a livello molecolare. Nella seconda parte del lavoro è stato dimostrato, attraverso la manipolazione genetica della linea cellulare HCT116 utilizzando: a) un shRNA in grado di ridurre l’espressione di HIF-1 b) e una forma mutata di HIF-1(HIF-1MUT), resistente alla degradazione in normossia e quindi in grado di indurre l’attivazione costitutiva di HIF-1, che esiste un possibile ruolo causale di HIF-1 nella mancata risposta ai farmaci in ipossia. Infine, l’oligonucleotide antisenso EZN2968, diretto contro il mRNA di HIF-1, e l’inibitore della tioredossina-1 PMX290, noto per inibire l’attività trascrizionale di HIF-1, si sono dimostrati in grado di potenziare l’azione citotossica dei tre chemioterapici in esame in una o più delle linee cellulari testate. È stato inoltre messo a punto un modello di coltura tridimensionale, facendo crescere le cellule HCT116 sotto forma di sferoidi, in modo da riprodurre le condizioni di ossigenazione cellulare che si creano all’interno di una massa tumorale in modo più fedele rispetto a quanto si osservi nelle colture bidimensionali. Utilizzando sferoidi ottenuti da cellule HCT116/HRP-EGFP, in cui l’espressione della EGFP è regolata da HIF-1, abbiamo visualizzato in microscopia a fluorescenza la presenza di aree ipossiche all’interno degli sferoidi e quantificato l’attività trascrizionale di HIF-1 mediante citofluorimetria a flusso. I dati ottenuti hanno mostrato che il 5-FU è significativamente meno potente nell’inibire la capacità di formare cloni delle cellule derivanti da sferoidi rispetto al monostrato e che, anche in questo modello, esiste un effetto chemiosensibilizzante del composto PMX290. Il fatto che l’inibizione di HIF-1 induca sensibilizzazione all’effetto dei farmaci in cellule ipossiche suggerisce che strategie polichemioterapiche che includano composti in grado di inibire l’espressione e/o l’attività di HIF-1 possano rappresentare un valido approccio al trattamento di tumori solidi refrattari alla chemioterapia e in cui si riscontri frequentemente la presenza di aree ipossiche.
2010
Effetto della modulazione di HIF-1 sulla risposta di colture bi- e tri-dimensionali di cellule di adenocarcinoma colorettale a 5-fluorouracile, oxaliplatino e doxorubicina / Molteni, Roberta. - (2010).
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