Lo studio degli effetti sulla salute umana legati all’esposizione a particolato atmosferico sono ormai noti, ma è ancora necessario indagare i meccanismi patogenetici che li determinano. Il presente progetto di dottorato, che si inserisce nel contesto di un progetto di rilevanza nazionale, il progetto PM-CARE, ha l’obiettivo di studiare l’associazione tra esposizione a particolato e l’andamento di una selezione di parametri clinici di interesse. Il progetto è stato sviluppato mediante l’effettuazione di due monitoraggi, di 24 ore ciascuno, uno nel periodo invernale e l’altro nel periodo estivo, nell’ipotesi di concentrazioni di particolato differenti. La popolazione studiata è stata costituita da 81 volontari, residenti nelle province di Milano e Monza, suddivisi in 3 gruppi: cardiopatici, pneumopatici e “non cardiopatici-non pneumopatici”, (cosiddetti “sani”), per indagare una diversa suscettibilità al particolato. Le misure di esposizione sono state di tipo individuale, realizzate mediante un prototipo di unità mobile di monitoraggio (M.M.U.), una valigia con rotelle contenente tutti gli strumenti di misura necessari al monitoraggio e facilmente trasportabile dai soggetti. Si è ottenuta, quindi, una stima realistica dell’esposizione relativa a diverse frazioni di particolato, identificate dal diametro aerodinamico delle particelle [da], in termini di concentrazioni gravimetriche (suddivise nelle frazioni con da massimi: 0.5, 1, 2.5 e 10 μm), e di concentrazioni numeriche, (range da > 0.02 μm). Sono stati misurati, inoltre, parametri coinquinanti (O3, CO, NO2) e a parametri microclimatici (T, rH). A completamento dello scenario espositivo, è stata compilata una check-list contenente le principali informazioni sulle caratteristiche degli ambienti di vita dei soggetti, oltre ad un diario delle attività da essi svolte durante i monitoraggi. Le misure di tipo clinico, contestuali a quelle ambientali, hanno previsto esami di tipo ematochimico, cardiologico e respiratorio. L’obiettivo del progetto di dottorato è stato quello di studiare l’associazione tra l’esposizione a particolato atmosferico e l’andamento di parametri clinici di interesse, selezionati in collaborazione con il team clinico del progetto. Dopo una prima analisi descrittiva, tali associazioni sono state verificate mediante l’applicazione dei modelli lineari misti per misure ripetute. A completamento dello studio, sono stati valutati, con un’analisi preliminare, i tempi di latenza tra esposizione ed effetto clinico, per i parametri cardiologici continui. I parametri clinici scelti sono stati la proteina C-reattiva (hs-PCRPCR), il fibrinogeno e due indici della variabilità cardiaca: la frequenza cardiaca (FC) e la deviazione standard dell’intervallo tra due battiti normali N-N (SDNN). La hs.PCR è uno dei principali indici di infiammazione sistemica ed è associata al rischio di eventi coronarici acuti. Il fibrinogeno è un indicatore dello stato coagulatorio del sangue e il suo incremento è associato a una maggior predisposizione alla formazione di trombi ed eventi coagulatori che possono favorire la sindrome coronaria e l’infarto del miocardio. Entrambi i parametri sono stati derivati da un prelievo sanguigno a fine monitoraggio. Alterazioni dei parametri cardiologici selezionati risultano associate a una riduzione della variabilità della frequenza cardiaca, a cui si deve un aumento nel rischio di mortalità per cause cardiovascolari, inclusa la morte cardiaca improvvisa. Entrambi i parametri sono stati derivati dal tracciato in continuo dell’elettrocardiogramma di tipo Holter, sulle 24 ore di monitoraggio. I livelli di particolato sono risultati in media superiori ai livelli raccomandati dalle linee guida della WHO (rispettivamente di 50 μg/m3 e 25 μg/m3) in entrambi i monitoraggi per il PM2.5, e nel monitoraggio invernale per il PM10. Il PM10, costituito da tutte le particelle con diametro aerodinamico fino a 10 μm, secondo le analisi eseguite, è risultato composto per circa il 67% dalle particelle con da < 0.5 μm, appartenenti alla moda di accumulazione. Molto evidente, inoltre, è stato il trend stagionale, con livelli di esposizione più alti durante l’inverno. La variazione di concentrazione è stata sostanzialmente dovuta alla classe di particelle con diametro aerodinamico compreso tra 0.3 e 1 μm, (_%:141% e per PM0.3÷0.5 μm e _%: 209% per PM0.5 €1μm) dovuto soprattutto dalla presenza delle emissioni legate ai riscaldamenti domestici. E’ rimasta invece, sostanzialmente invariata la concentrazione delle particelle ultrafini, la cui presenza è fortemente legata alle sorgenti di combustione indoor e al traffico veicolare, indipendenti dal periodo dell’anno. Allo stesso modo anche la concentrazione di PM grossolano non ha subito grandi variazioni, probabilmente perche le sorgenti (polveri di provenienza naturale, pollini, spore, usura pneumatici etc.) non sono associate a fattori climatici. Infine, sono stati riscontrati diversi livelli di esposizione fra i tre gruppi per la frazione 0.3-1 μm, probabilmente a causa della maggior tendenza dei soggetti “sani” ad effettuare attività outdoor. Lo studio dell’associazione a particolato per la proteina C-reattiva e per il fibrinogeno, hanno mostrato che esiste un effetto statisticamente significativo dovuto alla concentrazione numerica della frazione grossolana di particolato (5÷10 μm). Le sorgenti legate a questo tipo di esposizione sarebbero quindi di tipo prevalentemente outdoor. Endotossine batteriche, pollini e spore, caratteristici di questa frazione, potrebbero essere i responsabili dell’attivazione o incremento di uno stato di infiammazione sistemica e di processi coagulatori. Inoltre, le patologie caratterizzanti i tre gruppi di soggetti, non hanno influenzato la suscettibilità al particolato. Gli indicatori della variabilità cardiaca sono risultati influenzati dalla concentrazione numerica di particelle con diametro aerodinamico compreso tra 0.3 e 1 μm, e quindi dalla componente fine del particolato atmosferico. Questa frazione di particelle e legata a sorgenti sia indoor che outdoor e, considerato che la sua concentrazione e risultata predominante nel periodo invernale, l’esposizione della stagione fredda risulterebbe potenzialmente più nociva. Non si e riscontrata, inoltre, una diversa suscettibilità tra i gruppi di soggetti. Dai risultati, un incremento delle concentrazioni di particolato determinerebbe un aumento della frequenza cardiaca, e una diminuzione di SDNN, traducibile, a livello clinico, in una diminuzione del controllo del sistema nervoso autonomo sulla regolazione del ritmo cardiaco e della funzionalità della bilancia simpato-vagale. I meccanismi patogenetici compatibili con i risultati sono dunque legati all’infiammazione/ossidazione a livello polmonare, oppure ad un’azione diretta delle particelle sulle terminazioni nervose delle fibre afferenti polmonari, in accordo con la letteratura. La mancanza di un’associazione significativa con le particelle ultrafini escluderebbe l’ipotesi del passaggio diretto di questa frazione nella circolazione sanguigna. Infine, lo studio preliminare sui tempi di latenza tra esposizione e frequenza cardiaca (per il gruppo ‘non cardiopatici-non pneumopatici’), ha indicato un effetto di tipo immediato (dell’ordine dei 5’-30’) e ritardato (circa 6-8 ore). I risultati, sebbene preliminari, trovano riscontro in quelli di altri gruppi di ricerca. Per quanto riguarda il parametro SDNN, invece, il tipo di approccio statistico si è rivelato inadeguato alla tipologia di parametro. Gli sviluppi futuri saranno quindi indirizzati all’approfondimento dei dati in continuo con un approccio statistico più raffinato (applicazione di modelli misti su moving averages a diversi intervalli temporali, utilizzo di smoothing functions). Da un punto di vista prettamente ambientale, invece, si procederà con l’analisi delle concentrazioni di particolato in funzione di fattori determinanti, quali le attività dei soggetti durante il monitoraggio, le caratteristiche principali delle loro unita abitative e i livelli outdoor registrati dalla centraline ARPA più vicine.

Analisi critica dei risultati del progetto PM-CARE: valutazione statistica dell’associazione tra esposizione al particolato urbano e parametri clinici di interesse / Urso, Patrizia. - (2010).

Analisi critica dei risultati del progetto PM-CARE: valutazione statistica dell’associazione tra esposizione al particolato urbano e parametri clinici di interesse.

Urso, Patrizia
2010-01-01

Abstract

Lo studio degli effetti sulla salute umana legati all’esposizione a particolato atmosferico sono ormai noti, ma è ancora necessario indagare i meccanismi patogenetici che li determinano. Il presente progetto di dottorato, che si inserisce nel contesto di un progetto di rilevanza nazionale, il progetto PM-CARE, ha l’obiettivo di studiare l’associazione tra esposizione a particolato e l’andamento di una selezione di parametri clinici di interesse. Il progetto è stato sviluppato mediante l’effettuazione di due monitoraggi, di 24 ore ciascuno, uno nel periodo invernale e l’altro nel periodo estivo, nell’ipotesi di concentrazioni di particolato differenti. La popolazione studiata è stata costituita da 81 volontari, residenti nelle province di Milano e Monza, suddivisi in 3 gruppi: cardiopatici, pneumopatici e “non cardiopatici-non pneumopatici”, (cosiddetti “sani”), per indagare una diversa suscettibilità al particolato. Le misure di esposizione sono state di tipo individuale, realizzate mediante un prototipo di unità mobile di monitoraggio (M.M.U.), una valigia con rotelle contenente tutti gli strumenti di misura necessari al monitoraggio e facilmente trasportabile dai soggetti. Si è ottenuta, quindi, una stima realistica dell’esposizione relativa a diverse frazioni di particolato, identificate dal diametro aerodinamico delle particelle [da], in termini di concentrazioni gravimetriche (suddivise nelle frazioni con da massimi: 0.5, 1, 2.5 e 10 μm), e di concentrazioni numeriche, (range da > 0.02 μm). Sono stati misurati, inoltre, parametri coinquinanti (O3, CO, NO2) e a parametri microclimatici (T, rH). A completamento dello scenario espositivo, è stata compilata una check-list contenente le principali informazioni sulle caratteristiche degli ambienti di vita dei soggetti, oltre ad un diario delle attività da essi svolte durante i monitoraggi. Le misure di tipo clinico, contestuali a quelle ambientali, hanno previsto esami di tipo ematochimico, cardiologico e respiratorio. L’obiettivo del progetto di dottorato è stato quello di studiare l’associazione tra l’esposizione a particolato atmosferico e l’andamento di parametri clinici di interesse, selezionati in collaborazione con il team clinico del progetto. Dopo una prima analisi descrittiva, tali associazioni sono state verificate mediante l’applicazione dei modelli lineari misti per misure ripetute. A completamento dello studio, sono stati valutati, con un’analisi preliminare, i tempi di latenza tra esposizione ed effetto clinico, per i parametri cardiologici continui. I parametri clinici scelti sono stati la proteina C-reattiva (hs-PCRPCR), il fibrinogeno e due indici della variabilità cardiaca: la frequenza cardiaca (FC) e la deviazione standard dell’intervallo tra due battiti normali N-N (SDNN). La hs.PCR è uno dei principali indici di infiammazione sistemica ed è associata al rischio di eventi coronarici acuti. Il fibrinogeno è un indicatore dello stato coagulatorio del sangue e il suo incremento è associato a una maggior predisposizione alla formazione di trombi ed eventi coagulatori che possono favorire la sindrome coronaria e l’infarto del miocardio. Entrambi i parametri sono stati derivati da un prelievo sanguigno a fine monitoraggio. Alterazioni dei parametri cardiologici selezionati risultano associate a una riduzione della variabilità della frequenza cardiaca, a cui si deve un aumento nel rischio di mortalità per cause cardiovascolari, inclusa la morte cardiaca improvvisa. Entrambi i parametri sono stati derivati dal tracciato in continuo dell’elettrocardiogramma di tipo Holter, sulle 24 ore di monitoraggio. I livelli di particolato sono risultati in media superiori ai livelli raccomandati dalle linee guida della WHO (rispettivamente di 50 μg/m3 e 25 μg/m3) in entrambi i monitoraggi per il PM2.5, e nel monitoraggio invernale per il PM10. Il PM10, costituito da tutte le particelle con diametro aerodinamico fino a 10 μm, secondo le analisi eseguite, è risultato composto per circa il 67% dalle particelle con da < 0.5 μm, appartenenti alla moda di accumulazione. Molto evidente, inoltre, è stato il trend stagionale, con livelli di esposizione più alti durante l’inverno. La variazione di concentrazione è stata sostanzialmente dovuta alla classe di particelle con diametro aerodinamico compreso tra 0.3 e 1 μm, (_%:141% e per PM0.3÷0.5 μm e _%: 209% per PM0.5 €1μm) dovuto soprattutto dalla presenza delle emissioni legate ai riscaldamenti domestici. E’ rimasta invece, sostanzialmente invariata la concentrazione delle particelle ultrafini, la cui presenza è fortemente legata alle sorgenti di combustione indoor e al traffico veicolare, indipendenti dal periodo dell’anno. Allo stesso modo anche la concentrazione di PM grossolano non ha subito grandi variazioni, probabilmente perche le sorgenti (polveri di provenienza naturale, pollini, spore, usura pneumatici etc.) non sono associate a fattori climatici. Infine, sono stati riscontrati diversi livelli di esposizione fra i tre gruppi per la frazione 0.3-1 μm, probabilmente a causa della maggior tendenza dei soggetti “sani” ad effettuare attività outdoor. Lo studio dell’associazione a particolato per la proteina C-reattiva e per il fibrinogeno, hanno mostrato che esiste un effetto statisticamente significativo dovuto alla concentrazione numerica della frazione grossolana di particolato (5÷10 μm). Le sorgenti legate a questo tipo di esposizione sarebbero quindi di tipo prevalentemente outdoor. Endotossine batteriche, pollini e spore, caratteristici di questa frazione, potrebbero essere i responsabili dell’attivazione o incremento di uno stato di infiammazione sistemica e di processi coagulatori. Inoltre, le patologie caratterizzanti i tre gruppi di soggetti, non hanno influenzato la suscettibilità al particolato. Gli indicatori della variabilità cardiaca sono risultati influenzati dalla concentrazione numerica di particelle con diametro aerodinamico compreso tra 0.3 e 1 μm, e quindi dalla componente fine del particolato atmosferico. Questa frazione di particelle e legata a sorgenti sia indoor che outdoor e, considerato che la sua concentrazione e risultata predominante nel periodo invernale, l’esposizione della stagione fredda risulterebbe potenzialmente più nociva. Non si e riscontrata, inoltre, una diversa suscettibilità tra i gruppi di soggetti. Dai risultati, un incremento delle concentrazioni di particolato determinerebbe un aumento della frequenza cardiaca, e una diminuzione di SDNN, traducibile, a livello clinico, in una diminuzione del controllo del sistema nervoso autonomo sulla regolazione del ritmo cardiaco e della funzionalità della bilancia simpato-vagale. I meccanismi patogenetici compatibili con i risultati sono dunque legati all’infiammazione/ossidazione a livello polmonare, oppure ad un’azione diretta delle particelle sulle terminazioni nervose delle fibre afferenti polmonari, in accordo con la letteratura. La mancanza di un’associazione significativa con le particelle ultrafini escluderebbe l’ipotesi del passaggio diretto di questa frazione nella circolazione sanguigna. Infine, lo studio preliminare sui tempi di latenza tra esposizione e frequenza cardiaca (per il gruppo ‘non cardiopatici-non pneumopatici’), ha indicato un effetto di tipo immediato (dell’ordine dei 5’-30’) e ritardato (circa 6-8 ore). I risultati, sebbene preliminari, trovano riscontro in quelli di altri gruppi di ricerca. Per quanto riguarda il parametro SDNN, invece, il tipo di approccio statistico si è rivelato inadeguato alla tipologia di parametro. Gli sviluppi futuri saranno quindi indirizzati all’approfondimento dei dati in continuo con un approccio statistico più raffinato (applicazione di modelli misti su moving averages a diversi intervalli temporali, utilizzo di smoothing functions). Da un punto di vista prettamente ambientale, invece, si procederà con l’analisi delle concentrazioni di particolato in funzione di fattori determinanti, quali le attività dei soggetti durante il monitoraggio, le caratteristiche principali delle loro unita abitative e i livelli outdoor registrati dalla centraline ARPA più vicine.
2010
particolato urbano, salute.
Analisi critica dei risultati del progetto PM-CARE: valutazione statistica dell’associazione tra esposizione al particolato urbano e parametri clinici di interesse / Urso, Patrizia. - (2010).
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Phd_thesis_urso_completa.pdf

accesso aperto

Descrizione: testo completo tesi
Tipologia: Tesi di dottorato
Licenza: Non specificato
Dimensione 1.92 MB
Formato Adobe PDF
1.92 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11383/2090494
 Attenzione

L'Ateneo sottopone a validazione solo i file PDF allegati

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact