Il carcinoma del colon retto (CRC) rappresenta uno dei tumori maligni più comuni nei Paesi occidentali e presenta un tasso di incidenza in aumento in tutto il mondo. Come la maggior parte dei tumori solidi, anche i carcinomi del colon presentano spesso al loro interno regioni ipossiche in cui si assiste all’attivazione del fattore trascrizionale HIF-1, che svolge un ruolo chiave nell’insorgenza di fenomeni di chemioresistenza. Alla risposta adattativa attuata dalle cellule nei confronti dell'ipossia partecipa anche il processo autofagico, il cui ruolo nella risposta delle cellule tumorali al trattamento chemioterapico e nei fenomeni di farmacoresistenza indotta dall'ipossia risulta molto controverso. Cellule mantenute in condizioni ipossiche presentano in genere livelli di autofagia più elevati rispetto a cellule normossiche. Questo fenomeno potrebbe rappresentare una misura difensiva nei confronti dello stress ipossico, contribuendo alla resistenza terapeutica, tuttavia una attività autofagica particolarmente intensa e/o persistente sembrerebbe in grado di indurre morte cellulare. Su queste premesse è stata formulata un'ipotesi di lavoro in base alla quale cellule trattate con 5-Fluorouracile (5-FU), in grado di indurre autofagia citoprotettiva, e sottoposte a condizioni di ipossia (in cui il processo autofagico dovrebbe essere iperattivo) potrebbero essere indotte ad attivare un programma di morte cellulare in seguito all'esposizione a composti in grado di aumentare ulteriormente la risposta autofagica. Tale ipostesi è stata testata in un modello sperimentale basato sull'uso della linea cellulare HCT116, derivata da adenocarcinoma del colon umano, esponendo le cellule a 5-FU in combinazione con Luteolina (LUT), un flavonoide di origine naturale dotato di un ampio spettro di azioni potenzialmente antiproliferative/citotossiche, o Obatoclax (OBX), composto dotato di attività BH3-mimetica grazie alla quale è in grado di attivare la fase mitocondriale del processo apoptotico. Per entrambi i composti è stata riportata una attività pro-autofagica. I risultati ottenuti in una prima fase dello studio hanno evidenziato che LUT ed OBX potenziano l'effetto citotossico del 5-FU, in tutte le condizioni sperimentali adottate. Con entrambe le combinazioni si osserva in effetti un aumento dei livelli di autofagia; tuttavia l'osservazione che, a seguito dell'inibizione del processo autofagico, l'effetto citotossico sinergico risulta ulteriormente potenziato porta ad escludere che l'effetto chemiosensibilizzante di LUT e OBX possa essere dovuto all'induzione di autofagia letale. Al fine di identificare uno fra i possibili meccanismi alla base dell’azione chemiosensibilizzante mediata da LUT ed OBX al 5-FU, è stata valutatata la possibilità che i due composti fossero in grado di modulare negativamente i livelli di espressione della proteina HIF-1α e/o l'attività trascrizionale del fattore HIF-1. I dati ottenuti hanno evidenziato che entrambi i composti sono in grado di inibire l'attività di HIF-1, ma verosimilmente in base a meccanismi diversi. Infatti, mentre nel caso della LUT a fronte di una ridotta attività trascrizionale si assiste ad un aumento dei livelli proteici di HIF-1α apparentemente paradossale, nel caso di OBX la downregolazione dell'attività di HIF-1 si accompagna, ed è verosimilmente dovuta, a una diminuzione dei livelli di espressione della subunità inducibile. Esperimenti volti a chiarire se OBX fosse in grado di modulare i livelli di HIF-1α agendo sul trascritto, sulla sintesi della proteina o sulla sua degradazione suggeriscono che il meccanismo principale sia rappresentato da una ridotta stabilità della proteina, la cui degradazione da parte del proteasoma risulta facilitata, indipendentemente dalla via "canonica", attiva in normossia, che prevede l’idrossilazione O2-dipendente di residui critici di prolina e l'interazione con il complesso ubiquitina-ligasico coordinato dalla proteina di von Hippel-Lindau. In base ai dati ottenuti possiamo concludere che, contrariamente all’ipotesi inizialmente formulata, l'esacerbazione dello stimolo pro-autofagico da parte dai trattamenti utilizzati per questo studio, non è stata tale da permettere il superamento di un livello soglia, oltrepassato il quale l'induzione di autofagia perde il suo ruolo citoprotettivo per trasformarsi in un evento letale. Nelle nostre condizioni sperimentali, quindi, non solo il fenomeno non rende ragione dell'effetto sinergico delle combinazioni utilizzate, ma potrebbe anzi contribuire alla resistenza terapeutica. Tuttavia, i dati ottenuti fino a questo momento chiariscono, almeno parzialmente, il meccanismo alla base dell'azione chemiosensibilizzante di LUT ed OBX nelle condizioni in cui HIF-1 risulta attivato, permettendoci di ipotizzare un loro utilizzo in combinazioni polichemioterapiche per il controllo farmacologico della crescita e della progressione di carcinomi colorettali e di altri tumori solidi in cui spesso si assiste all’insorgenza di fenomeni di chemioresistenza indotta da ipossia.

Ruolo del processo autofagico in cellule tumorali umane mantenute in differenti condizioni di ossigenazione a seguito del trattamento chemioterapico / Taiana, Elisa. - (2014).

Ruolo del processo autofagico in cellule tumorali umane mantenute in differenti condizioni di ossigenazione a seguito del trattamento chemioterapico.

Taiana, Elisa
2014-01-01

Abstract

Il carcinoma del colon retto (CRC) rappresenta uno dei tumori maligni più comuni nei Paesi occidentali e presenta un tasso di incidenza in aumento in tutto il mondo. Come la maggior parte dei tumori solidi, anche i carcinomi del colon presentano spesso al loro interno regioni ipossiche in cui si assiste all’attivazione del fattore trascrizionale HIF-1, che svolge un ruolo chiave nell’insorgenza di fenomeni di chemioresistenza. Alla risposta adattativa attuata dalle cellule nei confronti dell'ipossia partecipa anche il processo autofagico, il cui ruolo nella risposta delle cellule tumorali al trattamento chemioterapico e nei fenomeni di farmacoresistenza indotta dall'ipossia risulta molto controverso. Cellule mantenute in condizioni ipossiche presentano in genere livelli di autofagia più elevati rispetto a cellule normossiche. Questo fenomeno potrebbe rappresentare una misura difensiva nei confronti dello stress ipossico, contribuendo alla resistenza terapeutica, tuttavia una attività autofagica particolarmente intensa e/o persistente sembrerebbe in grado di indurre morte cellulare. Su queste premesse è stata formulata un'ipotesi di lavoro in base alla quale cellule trattate con 5-Fluorouracile (5-FU), in grado di indurre autofagia citoprotettiva, e sottoposte a condizioni di ipossia (in cui il processo autofagico dovrebbe essere iperattivo) potrebbero essere indotte ad attivare un programma di morte cellulare in seguito all'esposizione a composti in grado di aumentare ulteriormente la risposta autofagica. Tale ipostesi è stata testata in un modello sperimentale basato sull'uso della linea cellulare HCT116, derivata da adenocarcinoma del colon umano, esponendo le cellule a 5-FU in combinazione con Luteolina (LUT), un flavonoide di origine naturale dotato di un ampio spettro di azioni potenzialmente antiproliferative/citotossiche, o Obatoclax (OBX), composto dotato di attività BH3-mimetica grazie alla quale è in grado di attivare la fase mitocondriale del processo apoptotico. Per entrambi i composti è stata riportata una attività pro-autofagica. I risultati ottenuti in una prima fase dello studio hanno evidenziato che LUT ed OBX potenziano l'effetto citotossico del 5-FU, in tutte le condizioni sperimentali adottate. Con entrambe le combinazioni si osserva in effetti un aumento dei livelli di autofagia; tuttavia l'osservazione che, a seguito dell'inibizione del processo autofagico, l'effetto citotossico sinergico risulta ulteriormente potenziato porta ad escludere che l'effetto chemiosensibilizzante di LUT e OBX possa essere dovuto all'induzione di autofagia letale. Al fine di identificare uno fra i possibili meccanismi alla base dell’azione chemiosensibilizzante mediata da LUT ed OBX al 5-FU, è stata valutatata la possibilità che i due composti fossero in grado di modulare negativamente i livelli di espressione della proteina HIF-1α e/o l'attività trascrizionale del fattore HIF-1. I dati ottenuti hanno evidenziato che entrambi i composti sono in grado di inibire l'attività di HIF-1, ma verosimilmente in base a meccanismi diversi. Infatti, mentre nel caso della LUT a fronte di una ridotta attività trascrizionale si assiste ad un aumento dei livelli proteici di HIF-1α apparentemente paradossale, nel caso di OBX la downregolazione dell'attività di HIF-1 si accompagna, ed è verosimilmente dovuta, a una diminuzione dei livelli di espressione della subunità inducibile. Esperimenti volti a chiarire se OBX fosse in grado di modulare i livelli di HIF-1α agendo sul trascritto, sulla sintesi della proteina o sulla sua degradazione suggeriscono che il meccanismo principale sia rappresentato da una ridotta stabilità della proteina, la cui degradazione da parte del proteasoma risulta facilitata, indipendentemente dalla via "canonica", attiva in normossia, che prevede l’idrossilazione O2-dipendente di residui critici di prolina e l'interazione con il complesso ubiquitina-ligasico coordinato dalla proteina di von Hippel-Lindau. In base ai dati ottenuti possiamo concludere che, contrariamente all’ipotesi inizialmente formulata, l'esacerbazione dello stimolo pro-autofagico da parte dai trattamenti utilizzati per questo studio, non è stata tale da permettere il superamento di un livello soglia, oltrepassato il quale l'induzione di autofagia perde il suo ruolo citoprotettivo per trasformarsi in un evento letale. Nelle nostre condizioni sperimentali, quindi, non solo il fenomeno non rende ragione dell'effetto sinergico delle combinazioni utilizzate, ma potrebbe anzi contribuire alla resistenza terapeutica. Tuttavia, i dati ottenuti fino a questo momento chiariscono, almeno parzialmente, il meccanismo alla base dell'azione chemiosensibilizzante di LUT ed OBX nelle condizioni in cui HIF-1 risulta attivato, permettendoci di ipotizzare un loro utilizzo in combinazioni polichemioterapiche per il controllo farmacologico della crescita e della progressione di carcinomi colorettali e di altri tumori solidi in cui spesso si assiste all’insorgenza di fenomeni di chemioresistenza indotta da ipossia.
2014
Cancro al colon, autofagia, HIF-1, 5-fluorouracile, obatoclax, luteolina, chemioresistenza.
Ruolo del processo autofagico in cellule tumorali umane mantenute in differenti condizioni di ossigenazione a seguito del trattamento chemioterapico / Taiana, Elisa. - (2014).
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