Attraverso questo studio vorrei porre in evidenza le evoluzioni che dottrina e giurisprudenza hanno avuto in questi ultimi anni in materia di risarcimento del danno per lesione degli interessi legittimi, prestando una particolare attenzione alla ricostruzione del regime della responsabilità della pubblica amministrazione derivante da inerzia. La responsabilità extracontrattuale dei privati per comportamenti omissivi è eccezionale e deriva dall’esistenza di un obbligo legale di agire. La responsabilità per ritardo/inerzia è configurabile in materia contrattuale, ovvero nei casi in cui il privato, volontariamente, assume un obbligo il cui adempimento è sottoposto ad un termine e, ove non lo dovesse rispettare, è ritenuto responsabile. In tale fattispecie saremmo al di fuori dell’area della responsabilità aquiliana. Le cose appaiono diverse quando si ha a che fare con la pubblica amministrazione. Difatti, la p.a., in qualità di garante della tutela degli interessi pubblici, è tenuta ad offrire una serie di servizi in ambito sociale, economico, ambientale, urbanistico, etc. ed in tali casi la mancata risposta e/o l’adempimento tardivo nell’emanazione di un provvedimento potrebbero determinare danni ed inefficienze rilevanti. All’autorità amministrativa sono, tuttavia, affidate funzioni di vigilanza dirette a prevenire comportamenti potenzialmente pregiudizievoli, tesi ad evitare danni alla collettività. Infine, innumerevoli attività private sono sottoposte, come noto, al vaglio preventivo della pubblica amministrazione e l’Autorità preposta, omettendo o ritardando il rilascio del provvedimento autorizzatorio richiesto, può determinare un pregiudizio rilevante. L’inerzia o il ritardo della p.a. possono danneggiare il potenziale destinatario (il privato/cittadino) degli effetti diretti dell’emanando provvedimento amministrativo e, come si vedrà, nel nostro ordinamento, in relazione a queste ipotesi, si è fatto ricorso sempre più spesso ad alcune forme di semplificazione e all’istituto del silenzio. L’affermazione dell’obbligo/dovere della pubblica amministrazione di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento espresso e, correlativamente, di fissare i termini del procedimento, secondo la disciplina prevista dall’art. 2 L. 7 agosto 1990, n. 241, ha reso astrattamente configurabile la responsabilità della p.a. nei casi in cui l’amministrazione non provveda o adempia tardivamente. Del tema della responsabilità si è occupata anche l’analisi economica, la quale ha ritenuto che obiettivo necessario sia la considerevole riduzione della somma dei costi del danno e dei costi della sua prevenzione o, più analiticamente, l’abbattere i costi primari, secondari e terziari dei fatti lesivi1. Escluso che l’imposizione dell’obbligo di concludere in modo formale il procedimento si trasformi infallibilmente in tempestivi atti formali, la L. 7 agosto 1990 n. 241 e le sue successive modificazioni, nonché le più recenti interpretazioni giurisprudenziali, non hanno mancato, comunque, di aumentare le potenzialità del peculiare istituto del silenzio e della sua concreta applicazione per conoscere la fondatezza dell’istanza. La L. 11 gennaio 2005 n. 15, modificando le disposizioni sul procedimento amministrativo, ha dato, come dianzi anticipato, una ulteriore accelerazione al procedimento di semplificazione. Infatti, le modifiche legislative interessano, tra l’altro, proprio le disposizioni della L. n. 241 del 1990, che riguardano la conclusione del procedimento (art. 2), la dichiarazione di inizio attività (art. 19) e la disciplina del silenzio assenso (art. 20), nell’identica ratio di semplificare l’azione amministrativa attraverso il progressivo ricorso a regimi giuridici di riduzione degli interventi pubblici di assenso all’iniziativa economica privata. In tale ambito, l’analisi svolta avrà specifico riguardo ai nuovi principi dettati con riferimento alla conclusione del procedimento ed alle correlazioni che tale nuova disciplina assume in rapporto alla connessa riforma dell’istituto del silenzio assenso. L’obbligo di rispondere all’istanza dei privati trova il suo fondamento, come detto, nella disposizione di cui all’art. 2 della L. 241/90, ma tale obbligo viene correttamente fatto discendere, in taluni casi, anche dal più generale principio del dovere di buona amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione, norma dalla quale traggono origine sia il potere-dovere della p.a. di curare in modo ottimale i pubblici interessi comparandoli con gli interessi privati, sia la posizione giuridica soggettiva dell’amministrato che vanta “una legittima e qualificata aspettativa ad un’esplicita pronuncia”. “Buona amministrazione”, quindi, è anche il non lasciare senza riscontro una richiesta di privati sebbene non sussista uno “specifico” obbligo di provvedere, ma sussista solo il generico obbligo di operare con correttezza e per il miglior perseguimento della “giustizia sostanziale” come del fine per il quale il potere è stato attribuito. Le predette modifiche legislative, unitamente alle recenti sentenze in materia di responsabilità della p.a., come si vedrà, hanno profondamente trasformato il ruolo della pubblica amministrazione inerte, tanto da assoggettarla al risarcimento del danno derivante da inerzia.

La responsabilita’ della pubblica amministrazione derivante da inerzia / Galimberti, Davide. - (2008).

La responsabilita’ della pubblica amministrazione derivante da inerzia.

Galimberti, Davide
2008-01-01

Abstract

Attraverso questo studio vorrei porre in evidenza le evoluzioni che dottrina e giurisprudenza hanno avuto in questi ultimi anni in materia di risarcimento del danno per lesione degli interessi legittimi, prestando una particolare attenzione alla ricostruzione del regime della responsabilità della pubblica amministrazione derivante da inerzia. La responsabilità extracontrattuale dei privati per comportamenti omissivi è eccezionale e deriva dall’esistenza di un obbligo legale di agire. La responsabilità per ritardo/inerzia è configurabile in materia contrattuale, ovvero nei casi in cui il privato, volontariamente, assume un obbligo il cui adempimento è sottoposto ad un termine e, ove non lo dovesse rispettare, è ritenuto responsabile. In tale fattispecie saremmo al di fuori dell’area della responsabilità aquiliana. Le cose appaiono diverse quando si ha a che fare con la pubblica amministrazione. Difatti, la p.a., in qualità di garante della tutela degli interessi pubblici, è tenuta ad offrire una serie di servizi in ambito sociale, economico, ambientale, urbanistico, etc. ed in tali casi la mancata risposta e/o l’adempimento tardivo nell’emanazione di un provvedimento potrebbero determinare danni ed inefficienze rilevanti. All’autorità amministrativa sono, tuttavia, affidate funzioni di vigilanza dirette a prevenire comportamenti potenzialmente pregiudizievoli, tesi ad evitare danni alla collettività. Infine, innumerevoli attività private sono sottoposte, come noto, al vaglio preventivo della pubblica amministrazione e l’Autorità preposta, omettendo o ritardando il rilascio del provvedimento autorizzatorio richiesto, può determinare un pregiudizio rilevante. L’inerzia o il ritardo della p.a. possono danneggiare il potenziale destinatario (il privato/cittadino) degli effetti diretti dell’emanando provvedimento amministrativo e, come si vedrà, nel nostro ordinamento, in relazione a queste ipotesi, si è fatto ricorso sempre più spesso ad alcune forme di semplificazione e all’istituto del silenzio. L’affermazione dell’obbligo/dovere della pubblica amministrazione di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento espresso e, correlativamente, di fissare i termini del procedimento, secondo la disciplina prevista dall’art. 2 L. 7 agosto 1990, n. 241, ha reso astrattamente configurabile la responsabilità della p.a. nei casi in cui l’amministrazione non provveda o adempia tardivamente. Del tema della responsabilità si è occupata anche l’analisi economica, la quale ha ritenuto che obiettivo necessario sia la considerevole riduzione della somma dei costi del danno e dei costi della sua prevenzione o, più analiticamente, l’abbattere i costi primari, secondari e terziari dei fatti lesivi1. Escluso che l’imposizione dell’obbligo di concludere in modo formale il procedimento si trasformi infallibilmente in tempestivi atti formali, la L. 7 agosto 1990 n. 241 e le sue successive modificazioni, nonché le più recenti interpretazioni giurisprudenziali, non hanno mancato, comunque, di aumentare le potenzialità del peculiare istituto del silenzio e della sua concreta applicazione per conoscere la fondatezza dell’istanza. La L. 11 gennaio 2005 n. 15, modificando le disposizioni sul procedimento amministrativo, ha dato, come dianzi anticipato, una ulteriore accelerazione al procedimento di semplificazione. Infatti, le modifiche legislative interessano, tra l’altro, proprio le disposizioni della L. n. 241 del 1990, che riguardano la conclusione del procedimento (art. 2), la dichiarazione di inizio attività (art. 19) e la disciplina del silenzio assenso (art. 20), nell’identica ratio di semplificare l’azione amministrativa attraverso il progressivo ricorso a regimi giuridici di riduzione degli interventi pubblici di assenso all’iniziativa economica privata. In tale ambito, l’analisi svolta avrà specifico riguardo ai nuovi principi dettati con riferimento alla conclusione del procedimento ed alle correlazioni che tale nuova disciplina assume in rapporto alla connessa riforma dell’istituto del silenzio assenso. L’obbligo di rispondere all’istanza dei privati trova il suo fondamento, come detto, nella disposizione di cui all’art. 2 della L. 241/90, ma tale obbligo viene correttamente fatto discendere, in taluni casi, anche dal più generale principio del dovere di buona amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione, norma dalla quale traggono origine sia il potere-dovere della p.a. di curare in modo ottimale i pubblici interessi comparandoli con gli interessi privati, sia la posizione giuridica soggettiva dell’amministrato che vanta “una legittima e qualificata aspettativa ad un’esplicita pronuncia”. “Buona amministrazione”, quindi, è anche il non lasciare senza riscontro una richiesta di privati sebbene non sussista uno “specifico” obbligo di provvedere, ma sussista solo il generico obbligo di operare con correttezza e per il miglior perseguimento della “giustizia sostanziale” come del fine per il quale il potere è stato attribuito. Le predette modifiche legislative, unitamente alle recenti sentenze in materia di responsabilità della p.a., come si vedrà, hanno profondamente trasformato il ruolo della pubblica amministrazione inerte, tanto da assoggettarla al risarcimento del danno derivante da inerzia.
2008
La responsabilita’ della pubblica amministrazione derivante da inerzia / Galimberti, Davide. - (2008).
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
PhD thesis galimberti completa.pdf

embargo fino al 31/12/2100

Descrizione: testo completo tesi
Tipologia: Tesi di dottorato
Licenza: Non specificato
Dimensione 565.47 kB
Formato Adobe PDF
565.47 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11383/2090795
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact