La schizofrenia è una patologia psichiatrica debilitante che colpisce approssimativamente l’1% della popolazione mondiale e per la sua natura multi genica e multifattoriale è stata compresa solo in parte nonostante la presenza di numerosi studi a livello patologico, psicologico, genetico e neurobiologico. L’ipotesi principale sulle cause che portano all’insorgenza di tale patologia è rappresentata da un possibile ruolo del sistema dopaminergico, ma recenti studi farmacologici, neuropatologici e fisiologici hanno proposto il coinvolgimento di altri sistemi neurotrasmettitoriali come quello serotoninergico, glutammatergico, colinergico, GABAergico. Solo più recentemente è stata avanzata l’ipotesi di un ruolo del sistema cannabico nella schizofrenia, ma la complessa relazione tra i cannabinoidi e questa patologia rimane ancora da chiarire. Sulla base di queste premesse, scopo della presente tesi è stato quello di indagare il coinvolgimento del sistema cannabico e gli effetti della sua manipolazione farmacologia in due modelli sperimentali di schizofrenia; un modello farmacologico basato su iniezioni ripetute di fenciclidina (PCP), un antagonista del recettore glutammatergico NMDA, e un modello di isolamento sociale post-svezzamento basato sulla manipolazione di fattori ambientali. Inizialmente, in accordo con la metodica descritta da Cochran e collaboratori (2003), abbiamo utilizzato il modello farmacologico basato su un trattamento cronico- intermittente con PCP, in grado di riprodurre deficit cognitivi e alcuni sintomi negativi simil-schizofrenici. In particolare, basse dosi di PCP (2.58 mg/kg, i.p.) sono state iniettate in ratti maschi adulti del ceppo Lister Hooded per cinque giorni consecutivi e a giorni alterni per le successive tre settimane. Settantadue ore dopo l’ultima somministrazione, abbiamo valutato la presenza di alterazioni nella memoria di riconoscimento utilizzando il novel object recognition test (NOR) e la presenza di un particolare sintomo negativo simil-schizofrenico quale la mancanza di iniziativa e motivazione (avolition) avvalendoci del forced swim test (FST). Il modello ha evidenziato chiare alterazioni sia della memoria di riconoscimento che della capacità dell’animale di rispondere a situazioni di stress. Su questi animali abbiamo testato la funzionalità del recettore cannabico CB1 sia in termini di livelli di espressione che di accoppiamento con le proteine G. Nei cervelli degli animali trattati con PCP la densità recettoriale appare solo lievemente alterata, mentre i risultati derivanti dal saggio del [35S]GTPS stimoltato dall’agonista cannabico CP-55,940 hanno mostrato alterazioni significative dell’accoppiamento del recettore CB1 alle proteine-G in diverse aree cerebrali coinvolte nella schizofrenia quali la corteccia prefrontale (-40.82%), l’ippocampo (-40.27%), la substantia nigra (-28.92%) il cervelletto (-39.47%) e il globo pallido (+77.15%). Dopo aver caratterizzato il modello, abbiamo valutato sia in termini comportamentali che biochimici l’effetto della manipolazione farmacologica del sistema cannabico associando alla PCP un trattamento cronico sia con l’agonista cannabico THC (0.5mg/kg) sia con l’antagonista del recettore CB1, il composto AM251 (0.5mg/kg) quotidianamente per le ultime tre settimane di trattamento. I risultati ottenuti dimostrano che l’esposizione prolungata al THC è in grado di peggiorare sia il deficit della memoria di riconoscimento che la mancanza di motivazione (avolition) già compromesse dal trattamento cronico con PCP, mentre l’AM251 migliora entrambi gli aspetti comportamentali. Abbiamo quindi analizzato i meccanismi molecolari sottesi agli effetti del THC e dell’AM251, studiando la loro capacità di influenzare le alterazioni del recettore CB1, in termini di densità recettoriale ed efficienza di trasduzione, e dei livelli dei principali endocannabinoidi (AEA e 2-AG) indotte dal trattamento con PCP. Il co-trattamento cronico con THC ha indotto un ulteriore peggioramento nell’accoppiamento del recettore CB1 con le proteine G rispetto agli animali trattati con la sola PCP nella corteccia prefrontale, area importante nel modello di schizofrenia da noi utilizzato e principalmente deputata alla regolazione della funzioni cognitive ed emotive. Al contrario, il trattamento cronico con AM251 ha ripristinato la funzionalità del recettore cannabico CB1 in tutte le aree cerebrali alterate dalla PCP. Infine, abbiamo valutato i livelli degli endocannabinoidi in due aree cerebrali, corteccia prefrontale e ippocampo, coinvolte nella regolazione delle funzioni cognitive/emotive e mnemoniche alterate in questo modello. Abbiamo riscontrato alterazioni solo a livello della corteccia prefrontale dove il THC riduce e l’AM251 incrementa i livelli di AEA, mentre entrambi i composti cannabici antagonizzano l’incremento del 2-AG indotto dalla PCP. Infine, valutando l’espressione della proteina c-Fos, un noto marker di attivazione neuronale utilizzato per evidenziare la distribuzione dei neuroni attivati da stimoli farmacologici, abbiamo dimostrando che l’aumento indotto dalla PCP in corteccia prefrontale viene mantenuto dal co-trattamento con THC e antagonizzato dall’AM251. Per avvalorare i risultati ottenuti utilizzando l’AM251 nel modello farmacologico di schizofrenia, gli stessi studi comportamentali e biochimici sono stati condotti utilizzando il trattamento cronico con l’antagonista cannabico nel modello di isolamento sociale post-svezzamento nel ratto che offre il vantaggio di evitare eccessive manipolazioni farmacologiche. In particolare, ratti al 21° giorno dopo la nascita sono stati isolati e stabulati in gabbie singole per cinque settimane. Tale procedura induce negli animali isolati un quadro psicotico simil-schizofrenico caratterizzato da un incremento dell’attività motoria orizzontale, da deficit cognitivi e da alterazioni nelle interazioni sociali. Inoltre, abbiamo dimostrato che anche questo modello ambientale di schizofrenia altera il sistema cannabico producendo una significativa riduzione della percentuale di stimolazione del recettore CB1 nella corteccia prefrontale (-63%), nell’ippocampo (-84%) e nel cervelletto (-44%) rispetto agli animali vissuti in gruppo. Al termine del protocollo di isolamento, un gruppo di animali è stato trattato cronicamente con AM251 (0.5mg/kg) per tre settimane. Settantadue ore dopo l’ultima somministrazione, sono stati condotti test comportamentali volti a valutare gli effetti dell’AM251 sui deficit cognitivi (NOR test) ed i sintomi negativi simil-schizofrenici (social interaction test) indotti dall’isolamento. Anche in questo modello, l’AM251 è stato in grado di ripristinare le normali funzioni cognitive e di normalizzare le interazioni sociali alterate dall’isolamento sociale avvalorando l’ipotesi di un ruolo protettivo dell’antagonista cannabico nella schizofrenia. Per quanto riguarda i parametri biochimici il trattamento cronico con AM251 ha antagonizzato la desensitizzazione del recettore cannabico CB1 prodotta dall’isolamento sociale e ha normalizzato i livelli di c-Fos sia in corteccia prefrontale, principale area deputata alla regolazione della funzioni cognitive ed emotive, sia nel caudato putamen, area coinvolta nel controllo motorio, tutte funzioni alterate in questo modello. Questi risultati avvalorano l’ipotesi che le cannabis possa essere un fattore di rischio per lo sviluppo di disordini schizofrenici in individui predisposti e suggeriscono che l’AM251, agendo direttamente o indirettamente sul sistema cannabico, possa esercitare un’azione simil-antipsicotica normalizzando alcune disfunzioni alla base dei disturbi schizofrenici.
Ruolo del sistema cannabico e della sua modulazione farmacologica in due modelli / Guidali, Cinzia. - (2010).
Ruolo del sistema cannabico e della sua modulazione farmacologica in due modelli.
Guidali, Cinzia
2010-01-01
Abstract
La schizofrenia è una patologia psichiatrica debilitante che colpisce approssimativamente l’1% della popolazione mondiale e per la sua natura multi genica e multifattoriale è stata compresa solo in parte nonostante la presenza di numerosi studi a livello patologico, psicologico, genetico e neurobiologico. L’ipotesi principale sulle cause che portano all’insorgenza di tale patologia è rappresentata da un possibile ruolo del sistema dopaminergico, ma recenti studi farmacologici, neuropatologici e fisiologici hanno proposto il coinvolgimento di altri sistemi neurotrasmettitoriali come quello serotoninergico, glutammatergico, colinergico, GABAergico. Solo più recentemente è stata avanzata l’ipotesi di un ruolo del sistema cannabico nella schizofrenia, ma la complessa relazione tra i cannabinoidi e questa patologia rimane ancora da chiarire. Sulla base di queste premesse, scopo della presente tesi è stato quello di indagare il coinvolgimento del sistema cannabico e gli effetti della sua manipolazione farmacologia in due modelli sperimentali di schizofrenia; un modello farmacologico basato su iniezioni ripetute di fenciclidina (PCP), un antagonista del recettore glutammatergico NMDA, e un modello di isolamento sociale post-svezzamento basato sulla manipolazione di fattori ambientali. Inizialmente, in accordo con la metodica descritta da Cochran e collaboratori (2003), abbiamo utilizzato il modello farmacologico basato su un trattamento cronico- intermittente con PCP, in grado di riprodurre deficit cognitivi e alcuni sintomi negativi simil-schizofrenici. In particolare, basse dosi di PCP (2.58 mg/kg, i.p.) sono state iniettate in ratti maschi adulti del ceppo Lister Hooded per cinque giorni consecutivi e a giorni alterni per le successive tre settimane. Settantadue ore dopo l’ultima somministrazione, abbiamo valutato la presenza di alterazioni nella memoria di riconoscimento utilizzando il novel object recognition test (NOR) e la presenza di un particolare sintomo negativo simil-schizofrenico quale la mancanza di iniziativa e motivazione (avolition) avvalendoci del forced swim test (FST). Il modello ha evidenziato chiare alterazioni sia della memoria di riconoscimento che della capacità dell’animale di rispondere a situazioni di stress. Su questi animali abbiamo testato la funzionalità del recettore cannabico CB1 sia in termini di livelli di espressione che di accoppiamento con le proteine G. Nei cervelli degli animali trattati con PCP la densità recettoriale appare solo lievemente alterata, mentre i risultati derivanti dal saggio del [35S]GTPS stimoltato dall’agonista cannabico CP-55,940 hanno mostrato alterazioni significative dell’accoppiamento del recettore CB1 alle proteine-G in diverse aree cerebrali coinvolte nella schizofrenia quali la corteccia prefrontale (-40.82%), l’ippocampo (-40.27%), la substantia nigra (-28.92%) il cervelletto (-39.47%) e il globo pallido (+77.15%). Dopo aver caratterizzato il modello, abbiamo valutato sia in termini comportamentali che biochimici l’effetto della manipolazione farmacologica del sistema cannabico associando alla PCP un trattamento cronico sia con l’agonista cannabico THC (0.5mg/kg) sia con l’antagonista del recettore CB1, il composto AM251 (0.5mg/kg) quotidianamente per le ultime tre settimane di trattamento. I risultati ottenuti dimostrano che l’esposizione prolungata al THC è in grado di peggiorare sia il deficit della memoria di riconoscimento che la mancanza di motivazione (avolition) già compromesse dal trattamento cronico con PCP, mentre l’AM251 migliora entrambi gli aspetti comportamentali. Abbiamo quindi analizzato i meccanismi molecolari sottesi agli effetti del THC e dell’AM251, studiando la loro capacità di influenzare le alterazioni del recettore CB1, in termini di densità recettoriale ed efficienza di trasduzione, e dei livelli dei principali endocannabinoidi (AEA e 2-AG) indotte dal trattamento con PCP. Il co-trattamento cronico con THC ha indotto un ulteriore peggioramento nell’accoppiamento del recettore CB1 con le proteine G rispetto agli animali trattati con la sola PCP nella corteccia prefrontale, area importante nel modello di schizofrenia da noi utilizzato e principalmente deputata alla regolazione della funzioni cognitive ed emotive. Al contrario, il trattamento cronico con AM251 ha ripristinato la funzionalità del recettore cannabico CB1 in tutte le aree cerebrali alterate dalla PCP. Infine, abbiamo valutato i livelli degli endocannabinoidi in due aree cerebrali, corteccia prefrontale e ippocampo, coinvolte nella regolazione delle funzioni cognitive/emotive e mnemoniche alterate in questo modello. Abbiamo riscontrato alterazioni solo a livello della corteccia prefrontale dove il THC riduce e l’AM251 incrementa i livelli di AEA, mentre entrambi i composti cannabici antagonizzano l’incremento del 2-AG indotto dalla PCP. Infine, valutando l’espressione della proteina c-Fos, un noto marker di attivazione neuronale utilizzato per evidenziare la distribuzione dei neuroni attivati da stimoli farmacologici, abbiamo dimostrando che l’aumento indotto dalla PCP in corteccia prefrontale viene mantenuto dal co-trattamento con THC e antagonizzato dall’AM251. Per avvalorare i risultati ottenuti utilizzando l’AM251 nel modello farmacologico di schizofrenia, gli stessi studi comportamentali e biochimici sono stati condotti utilizzando il trattamento cronico con l’antagonista cannabico nel modello di isolamento sociale post-svezzamento nel ratto che offre il vantaggio di evitare eccessive manipolazioni farmacologiche. In particolare, ratti al 21° giorno dopo la nascita sono stati isolati e stabulati in gabbie singole per cinque settimane. Tale procedura induce negli animali isolati un quadro psicotico simil-schizofrenico caratterizzato da un incremento dell’attività motoria orizzontale, da deficit cognitivi e da alterazioni nelle interazioni sociali. Inoltre, abbiamo dimostrato che anche questo modello ambientale di schizofrenia altera il sistema cannabico producendo una significativa riduzione della percentuale di stimolazione del recettore CB1 nella corteccia prefrontale (-63%), nell’ippocampo (-84%) e nel cervelletto (-44%) rispetto agli animali vissuti in gruppo. Al termine del protocollo di isolamento, un gruppo di animali è stato trattato cronicamente con AM251 (0.5mg/kg) per tre settimane. Settantadue ore dopo l’ultima somministrazione, sono stati condotti test comportamentali volti a valutare gli effetti dell’AM251 sui deficit cognitivi (NOR test) ed i sintomi negativi simil-schizofrenici (social interaction test) indotti dall’isolamento. Anche in questo modello, l’AM251 è stato in grado di ripristinare le normali funzioni cognitive e di normalizzare le interazioni sociali alterate dall’isolamento sociale avvalorando l’ipotesi di un ruolo protettivo dell’antagonista cannabico nella schizofrenia. Per quanto riguarda i parametri biochimici il trattamento cronico con AM251 ha antagonizzato la desensitizzazione del recettore cannabico CB1 prodotta dall’isolamento sociale e ha normalizzato i livelli di c-Fos sia in corteccia prefrontale, principale area deputata alla regolazione della funzioni cognitive ed emotive, sia nel caudato putamen, area coinvolta nel controllo motorio, tutte funzioni alterate in questo modello. Questi risultati avvalorano l’ipotesi che le cannabis possa essere un fattore di rischio per lo sviluppo di disordini schizofrenici in individui predisposti e suggeriscono che l’AM251, agendo direttamente o indirettamente sul sistema cannabico, possa esercitare un’azione simil-antipsicotica normalizzando alcune disfunzioni alla base dei disturbi schizofrenici.File | Dimensione | Formato | |
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